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Scenari

La visita che non ti aspetti in Borgogna: “Qui sanno come fare vini ed affari”

03 Giugno 2015
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di Francesca Landolina

Andare in Borgogna, terra di vini ricchi di fascino, per fare esperienza, per carpire qualche segreto o solo per acquisire una nuova consapevolezza. 

Può essere un desiderio per chi lavora nel mondo del vino o uno stimolo per confrontarsi con altre realtà. Da qui, la scelta della terra francese per il recente viaggio studio di Assoenologi Sicilia. Venticinque i tecnici che sono partiti per la Borgogna. Molte le tappe importanti. A cominciare dalla visita al Laboratoire Burgundia Oenologie dove l'enologo Pierre Fonteneau ha fatto una presentazione delle caratteristiche viticole ed enologiche della regione. Per proseguire con la Maison Chanson, sotto la guida dell'enologo Pierre Confuron, con la Tonellerie Francois Frere a Saint Romaine e con Jadot. Nel programma di viaggio anche due soste a Macon per visitare la Cave de Lugny e Vignenol eron Terres Secretes.  Ma al di là dei luoghi visitati, quale l’esperienza da raccontare?
“La Borgogna è stata scelta come nuova metà per il viaggio studio promosso dall’associazione per via della sua straordinaria capacità di promuovere il territorio stesso e non solo i vini che sa produrre”, racconta il presidente di Assoenologi Sicilia, l’enologo Giacomo Manzo.

Per i 25 tecnici, è stata un'esperienza di grande arricchimento professionale. Hanno visitato aziende dalle piccole dimensioni che, nella maggior parte dei casi non superano i 10 ettari, e che producono vini di grande qualità. “Già mentre eravamo lì abbiamo avuto la percezione del loro diverso modo di fare marketing e squadra – dice Manzo -. Sanno comunicare bene le loro zone, rese riconoscibili dai vini stessi che producono. Lì il vino parla di turismo. La nostra delegazione in viaggio ha imparato tanto. Può venir voglia di mangiarsi le mani, quando si è lì e si pensa alla nostra Sicilia. La Sicilia, terra di cultura millenaria, nel cuore del Mediterraneo, con il suo mare e una natura che cambia costantemente di zona in zona, non ha nulla da invidiare alla Borgogna, se non la capacità che lì si ha di trasmettere cultura del vino e di attrarre turisti grazie al loro sistema di squadra. Questo abbiamo imparato e speriamo di trarne giovamento per cominciare ad emulare quel modo di fare, ancora un po’ distante dalle nostri abitudini isolane. Il confronto serve a crescere.

La delegazione ha degustato circa 150 vini al giorno. Tanti. Eppure un filo conduttore vi si rintracciava sempre: la tipicità della zona, il sapore del territorio. I francesi sono bravi, perché coltivano solo poche varietà, Chardonnay e Pinot Nero, e di queste ultime ne traggono la massima espressione in termini di eleganza e finezza. Nel secolo scorso venne stabilita una classificazione dei vigneti in base alla qualità dei vini prodotti, distinguendo in ordine decrescente: Grand Cru, Premier Cru e Village, da cui si traggono le denominazioni Comunal e Regional. Nel bicchiere, si nota il declinarsi delle due varietà, Pinot e Chardonnay, in funzione della zona in cui sono coltivate le uve. Un po’ come accade in Sicilia con il Nero d’Avola.

“L’eleganza dei vini di Borgogna nasce dalla territorialità e anche dal passaggio in legno che rilascia eleganza, morbidezza e finezza – dice Manzo -. Poi va detto anche che le loro azioni sulla coltivazione dei vigneti, che vanno dai trattamenti alla potatura fino alla vendemmia, sono scandite dalle fasi lunari, come una volta. Forse questa prassi contribuisce alla loro peculiarità”.