Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Indicazione di origine in etichetta “preferibile” e non obbligatoria, Slow Food: “Unione europea senza coraggio”

22 Maggio 2015
etichette_cibi_generici etichette_cibi_generici

La fondazione Slow Food critica il comportamento della Commissione Europea che ha dichiarato “preferibile” invece di obbligatoria l’indicazione di origine per gli alimenti fuori legislazione vigente.

“Siamo delusi – ha detto Italia Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus -. L’indicazione di origine degli alimenti è un’informazione fondamentale: priviamo i consumatori del diritto di scelta. Avremmo voluto più coraggio dall’Unione Europea”.
Sono tanti gli alimenti ancora fuori dalla legislazione vigente, molti di uso quotidiano, come prodotti caseari, carni di cavallo e coniglio, pasta, passata di pomodoro, zucchero o riso.

“Slow Food ha risposto al deficit delle informazioni in etichetta con le etichette narranti con cui raccontiamo origine, metodo di produzione e qualità organolettiche dei prodotti dei Presìdi. Ne avremmo fatto a meno, ma i fatti ci portano a dover potenziare questo progetto”, prosegue Piero Sardo. I report pubblicati il 20 maggio dalla Commissione Europea sono due. In entrambi si conclude che i “benefici ricavati dai nuovi requisiti di indicazione obbligatoria non superano i costi. Pertanto le indicazioni volontarie sembrano essere la soluzione più adatta”.
 
Il primo rapporto, gestito dalla Dg Agri della Commissione (Direzione generale agricoltura), esamina la possibilità di contrassegno obbligatorio di origine per i prodotti lattiero-caseari e quelle che vengono definite “carni minori” (coniglio, cavallo e cacciagione) rimaste fuori dalla legislazione europea in vigore. La Commissione giustifica così questa scelta: “Considerate le abitudini di consumo e i potenziali costi dell’introduzione dell’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta, per i prodotti caseari questa aggiunta potrebbe risultare più onerosa per alcuni più che per altri con un impatto ‘irregolare. E mentre alcuni avrebbero costi maggiori di produzione, non è detto che i consumatori siano disposti a pagare di più per queste informazioni. Lo stesso discorso vale per le carni minori”, si legge nel comunicato della Commissione.

Si chiede Sardo: “Siamo sicuri che i consumatori non siano disposti a pagare un pochino di più per conoscere da dove arriva il cibo che si portano in famiglia”?

C.d.G.