(L'orologio di Franco Caruso)
da Milano, Michele Pizzillo
L’idea del cluster “Isole, mare e cibo” è quella di “nutrire l’anima attraverso i suoni, i colori, gli odori tipici di questo paesaggio”.
Così evidenzia Vincenzo Russo, docente all’Università di lingue e comunicazioni Iulm di Milano e responsabile scientifico e coordinatore di ricerca dei contenuti di questa bella struttura che ti accoglie con una massima di Alexander Pope: “Il mare unisce i paesi che separa”. Ma ad attirare l’attenzione del visitatore è un grande orologio che con un solo colpo d’occhio ti permette di avere a portata di mano il mondo. Un orologio senza lancette che indica l’ora esatta di tutto il mondo e, se accanto alla località appare un puntino rosso, vuole dire che in quel determinato posto è notte. Inventore di questa meraviglia è un siciliano di Polizzi Generosa, Franco Caruso, che ha trovato l’ispirazione mentre si trovava in cima a quella ch definisce la sua “montagna per assistere al tramonto del sole – si legge sul suo sito internet -. Immerso nei miei pensieri guardavo il sole, quasi a voler registrare il suo movimento intorno alla terra e lo scorrere del tempo, accoppiavo la sua posizione e l’ora delle cime circostanti”.
E, prosegue, Caruso: “D’un tratto vedo un grande disco, con incise le ore, che gira in senso orario. Nel suo movimento insegue il movimento del sole e indica l’ora locale sulla verticale. Vedo sulla verticale lo scorrere delle ore. Avevo pensato un orologio senza lancette in cui l’ora locale è data dal disco rotante, una sorta di indicatore solare”. Ecco inventato il primo world timer. Di questo orologio Caruso ne ha fatto uno grande, regalato al cluster di “Isole, mare e cibo” e 60 da polso, di cui sono stati destinatari 12 amici. Per questa meraviglia, Franco e il fratello Ivano hanno messo insieme il know-how dell’orologeria svizzera, la passione per la meccanica del distretto tecnologico di Modena-Bologna, il design italiano e l’inventiva siciliana. Il risultato? La realizzazione del vero world timer su un quadrante di 12 ore, di rara bellezza e unico nel mondo e solo con il marchio “Caruso world timer”.
(Il cluster delle Isole all'Expo di Milano)
Già questo è un motivo per visitare questo cluster che come il Bio-Mediterraneo e l’adiacente struttura che ospita i paesi delle zone aride è, purtroppo, un po’decentrato e quindi svantaggiato per il flusso di visitatori rispetto a quelli che si affacciano sul Decumano. Però in questo cluster che ospita Capo Verde, Comore, la Comunità caraibica (Barbados, Belize, Dominica, Grenada, Guyana, St. Lucia, St. Vincent and the Grenadines, Suriname), Guinea Bissau, Madagascar e Maldive “il visitatore è accompagnato, in tutta la visita, dallo scroscio dell’acqua, dallo scricchiolio della ghiaia, dal batter del legno che restituiscono tutta l’armonia che caratterizza queste terre”, dice il professore Russo. Che descrive anche la bellezza dell’architettura del cluster: una grande copertura in bambù che sovrasta e unisce i due padiglioni che ospitano i Paesi partecipanti accogliendo i visitatori in un ambiente unico per colori e atmosfera. Frasi d’ autore – da Omero a Conrad, da Cristoforo Colombo a Darwin e Melville – costellano le pareti esterne dei padiglioni evocando suggestioni di isole, mari, viaggi. Al termine del percorso il visitatore si trova davanti all’area ristorativa e all’area eventi, un cubo in cui vengono proiettate immagini sottomarine: l’impressione è quella di essere realmente in acqua, di godere di un’esperienza sensoriale piena, di percepire la bellezza misteriosa delle isole e di essere a contatto con la loro affascinante quanto fragile biodiversità. Il concept e layout della mostra è di Marco Imperadori e Valentina Gallotti.
(Vincenzo Russo e sullo sfondo l'orologio di Caruso)
C’è da aggiungere che questo cluster è un esempio di ecosistemi da difendere. Si tratta, infatti, isole piccole, lontane, diverse tra loro, ognuna ha culture, economie e livelli di sviluppo specifici: sono le isole del Pacifico, quelle dell'Oceano Indiano occidentale e quelle della regione dei Caraibi. Sono isole, certo, ma non sono isolate dalle sfide globali che tutti i Paesi devono affrontare, dice il docente palermitano. L’aumento delle inondazioni costiere, la salinità del suolo, l'erosione, il cambiamento nelle precipitazioni possono contaminare e ridurre le superfici agricole produttive e influire sulle attività artigianali e di pesca, intaccando la sicurezza alimentare di questi preziosi luoghi. E, aggiunge Russo, delle 189.000 isole censite nel mondo, entro il 2050 il venti per cento rischiano di scomparire perché sono molto basse mentre il mare si sta minacciosamente elevando. È il caso delle Maldive, con il mare circostante che è cresciuto di 19 centimetri in mezzo secolo.