(La verticale di Sassicaia organizzata per l'evento Taormina Gourmet)
Vogliamo azzardare. Ma non troppo. C'è un vino in Italia che tutti vorrebbero produrre. Si chiama Sassicaia. E c'è una ragione dietro questa considerazione, molto economica, legata al profitto.
Grazie a questo vino, icona del bere italiano nel mondo, la redditività dell'azienda della famiglia Incisa della Rocchetta vola. Letteralmente. Nessuna sorpresa, bene inteso. Ma a spulciare l'interessante dossier sui bilanci delle cantine italiane elaborato dalla puntuale Anna Di Martino su Corriere Economia non può non balzare agli occhi quel 59,2 per cento nel rapporto tra ebtida e fatturato. Un rapporto che indica l'ambita marginalità di un'impresa. Facendo così di Tenuta San Guido la prima cantina italiana per redditività. Con un fatturato complessivo di 25 milioni (più 24 per cento sul bilancio 2013) per un'azienda che produce circa 800 mila bottiglie. E siamo certi che il merito di numeri così eclatanti è del Sassicaia. Un rosso che non conosce crisi di mercato, che viene quotato nelle aste e che può vantarsi di essere uno dei pochi vini su cui vale la pena investire. Se ne fanno ben 200 mila bottiglie, il prezzo franco cantina oscilla tra i 70 e gli 80 euro. Senza togliere nulla a Guidalberto e Le Difese, le altre etichette prodotte, il Sassicaia è quindi più che un'icona. È il vino che fa la fortuna di un'intera mission imprenditoriale. Quella della famiglia Incisa della Rocchetta e dell'enologo Giacomo Tachis con cui è cominciato tutto, lavoro oggi che prosegue con Niccolò Incisa della Rocchetta e con l'enologa Graziana Grassini.
Per dovere di cronaca nella classifica della redditività spiccano al secondo posto Antinori (41,6 per cento), al terzo Cusumano (33,8), al quarto Marchesi de' Frescobaldi (30,3). Ed ancora, tra gli altri, i Lunelli di Ferrari, Falesco e Masi. Tutti con marginalità significative e tutti nella top ten.
F.C.