CIBO & LINGUAGGIO
Nel dizionario nuovi vocaboli legati al mondo della gastronomia. Il presidente dell’Accademia della Crusca: “Anche termini stranieri sono ormai di uso comune”
Parla come mangi
Il vocabolario italiano si arricchisce di termini che fino a qualche anno fa erano di uso esclusivo di pochi addetti ai lavori. Parole legate al mondo dell’enogastronomia nazionale ed internazionale che sono entrate a pieno titolo nel linguaggio comune.
Fusilli o orecchiette, fino a ieri, ad esempio erano usate in un ristretto ambito regionale. Oggi tutti siamo in grado di comprenderle.
“L’ambito gastronomico è senza dubbio quello in cui l’italiano ha più successo nel mondo”, afferma Nicoletta Maraschio, prima donna presidente dell’Accademia della Crusca dopo secoli di incontrastato predominio maschile, uno dei principali punti di riferimento per le ricerche sulla lingua italiana.
“Pizza, spaghetti o tiramisù – continua – sono diventate parole internazionali. Parallelamente, noi facciamo nostri termini che derivano dal francese come ragù o bignè o, più di recente, dal giapponese, come sushi”, entrato nelle nostre abitudini alimentari e dunque anche nel vocabolario.
Non è un caso dunque che, per stare al passo con i tempi, tra gli obiettivi dell’Accademia ci sia quello di creare delle sezioni del loro vocabolario storico consultabile nel sito (www.accademiadellacrusca.it), dedicate ad ambiti non strettamente letterari ma più tecnici. “Tra questi – assicura la Maraschio – l’arte della cucina avrà certamente un posto di rilievo”.
Del resto le prime riunioni di studiosi e pensatori dell’Accademia nacquero come incontri amichevoli e goderecci chiamati significativamente “stravizi”. “Da allora ad oggi questo legame tra le due anime dell’Accademia, quella seria e quella giocosa, si è sviluppato dando vita anche ad incontri con letture a tema per far rinascere l’antica tradizione che era molto attenta al mondo del cibo e del vino”, racconta la Maraschio. “L’argomento cibo è sempre stato affrontato tangenzialmente in Accademia – spiega -. Già il nome, “crusca” indica la parte del grano che si elimina per ottenere il fior di farina, così come nella lingua italiana si ricerca la purezza contro ogni uso rozzo e non adatto alla letteratura. Tutta la simbologia della crusca ruota poi attorno al pane – continua la presidente – creando una importante analogia tra pane e lingua, entrambi elementi fondamentali della vita: uno nutrimento del corpo e l’altra alimento per la mente e la comunicazione con gli altri”.
Che ci sia sempre stato un interesse per il mondo del cibo e del vino, lo dimostrano anche documenti storici come un poemetto sul nettare di Bacco scritto da un accademico nel 600. Tra le testimonianze più recenti, un incontro dal titolo “Chi vuol essere lieto sia”, occasione propizia per la lettura di testi su cibo e vino, con l’intento di far rinascere l’antica tradizione che prestava molta attenzione a questi due argomenti. “Questi temi sono stati spesso affrontati da colleghi che si occupano della storia della lingua – spiega la Maraschio – che hanno partecipato a convegni sulle parole della cucina. L’Artusi, storico libro di cucina, ad esempio, è un efficace strumento di diffusione dell’italiano”.
E non è un caso neppure che la stanza più rappresentativa dell’Accademia sia quella delle pale, gli attrezzi usati per infornare il pane. Anche le sedie accademiche sono realizzate con una sporta da pane rovesciata con infilata una pala che funge da schienale. Gli statuti vengono custoditi invece in due mobiletti a forma di sacco da farina e il marchio utilizzato per le pubblicazioni è un frullone, strumento con cui si separava il fior di farina dalla crusca.
Clara Minissale