Centoventicinque milioni di potenziali consumatori e un business milionario che può rivelarsi una chiave di accesso ai mercati asiatici nascenti, come Corea e Taiwan.
Il Giappone è la grande frontiera dell’export enologico italiano, un mercato in crescita ancora poco battuto dalle aziende vinicole d’Italia. Il nostro paese, infatti, si trova al secondo posto dopo la Francia per quantità di vino richiesto dal mercato del Sol levante ed è inseguito dal Cile, che potrebbe presto prenderne il posto. Sono tante le opportunità per le cantine italiane che vogliono conquistarne il mercato e proprio su questo si è concentrato oggi uno degli appuntamenti del Vinitaly di Verona. A raccontare il mondo del vino giapponese ad una platea di imprenditori e addetti ai lavori sono stati due dei maggiori esperti del settore, Shigeru Hayashi, presidente della SoloItalia e consulente di decine di cantine italiane che esportano in Giappone, e Tara Tan Kitaoka, presidente di K. K. Vinarius, principale importatrice di vino italiano nel paese.
“Nel 2014 l’import dall’Italia è cresciuto del 12 per cento – spiega Kitaoka – ma ci sono tante potenzialità che restano ancora poco sfruttate. La cucina giapponese si sposa perfettamente con i vini italiani, abbiamo piatti a base di cibi crudi e di pesce che si accoppiano divinamente con i bianchi italiani e i giapponesi se ne stanno accorgendo. Il vino che viene preferito è senz’altro il bianco, ma anche i rossi morbidi stanno prendendo piede”.
Ma quali sono i consigli per conquistare il mercato nipponico?
“Senza dubbio conoscere bene il Giappone, la sua cultura, i suoi usi, ma anche le differenze che passano tra regione e regione – continua Kitaoka – abbiamo 8 regioni e 47 prefetture, ognuna con caratteristiche proprie che chi vuole vendere deve conoscere. Bisogna poi capire in che tipo di distribuzione ci si vuole inserire, se in quella dei ristoranti, dei supermarket o dei grandi magazzini, perché ciascuno pretende prezzi diversi che devono essere rispettati per non urtare il consumatore giapponese. Infine, consiglio di prepararsi a investire tanto denaro sulle campagne di marketing e di affidarsi a un importatore preparato che conosca bene il prodotto”.
“Per vendere nel mercato nipponico non è fondamentale conoscere la lingua – dice Shigeru Hayashi – l’inglese è la lingua più usata nelle transazioni. Consiglio, invece, di affidarsi a qualcuno che conosca bene gli usi e i linguaggi non detti del business giapponese”.
Geraldine Pedrotti