Terre Siciliane Rosso IGT.
Cosenza è un’antica famiglia che a Chiaramonte Gulfi acquistò alla fine del 700 un feudo di oltre 1.000 ettari dove si coltivavano vigne, ulivi, seminativi. Le vestigia di questa attività agricola si possono ancor oggi ammirare negli ottocenteschi: palmento col suo monumentale torchio ligneo, frantoio con la sua enorme macina in pietra, mulino ad acqua rimasto attivo fino all’immediato dopoguerra. Tra spartizioni ereditarie e riforma agraria ad Ignazio Cosenza di ettari ne rimasero 60, ma gli bastavano per dare un nuovo assetto all’azienda producendo al meglio e iniziando a confezionare vino e olio. Nacque così la Poggio di Bortolone che prende il nome dal pianoro in cima alla collina dove insiste l’azienda e da Bortolone, così chiamato il vecchio mugnaio del mulino ad acqua.
La campagna non era razionale: viti, ulivi, carrubi sparsi e frammisti non permettevano un’ottimale coltivazione per cui alla fine degli anni settanta si espianta proprio tutto e si ricomincia con gli ulivi a sesti, le vigne a spalliera e cordone speronato, il tutto accorpando le varietà. Nel chiaramontano Cosenza diventò il pioniere e l’esempio da consultare per la spalliera, suggerita dall’allora Istituto Regionale Vite e Vino. Nel 2009 si completa la nuova cantina mentre quella vecchia diventa magazzino. Oggi le viti sono 15 ettari e sono state ulteriormente rinnovate, 20 gli ettari ad uliveto, altri 20 a seminativo, infine 5 a bosco e macchia mediterranea nei dirupi. Tutta l’azienda ricade nel territorio della DOCG Cerasuolo di Vittoria e oltre al Nero d’Avola e al Frappato, ci sono Syrah, Cabernet Sauvignon e dal 96 un ettaro di Petit Verdot consigliato sempre dall’IRVV. Da qualche anno con la scomparsa di Ignazio è il figlio Pierluigi il proprietario dell’azienda continuando l’opera paterna volta sempre al miglioramento e alla sperimentazione.
I suoli del vigneto sono di sabbie dal 90 al 96% conferendo al vino una connotazione particolare, a quote da 220 a 270 metri coltivati secondo i protocolli dell’agricoltura integrata, un metodo di produzione che prevede l'adozione di tecniche compatibili con la conservazione dell'ambiente e la sicurezza alimentare, in pratica una via di mezzo tra una coltivazione normale e una biologica. Pierluigi però la spinge verso una maggiore naturalità per esempio utilizzando per concime il favino e l’erba coltivata nel seminativo. Le etichette sono 7 e le bottiglie prodotte 75.000.
Noi assaggiamo il Petitverdò tutto dell’omonimo vitigno con la t finale originario dei Pirenei francesi ma poichè matura tardi e ama i climi caldi si è ambientato splendidamente nell’Isola. Vendemmiato a mano con rese basse da 45 q/ha anche per la cernita dei grappoli macera da 8 a 15 giorni e nella fermentazione con lieviti selezionati si fanno 4 rimontaggi giornalieri. Affinamento in acciaio per 10 mesi e successivamente in bottiglia dopo i classici processi fisici per almeno 3 mesi. La sanezza delle uve e l’estrema pulizia permettono che alla fine i solfiti totali non superano i 60mg/l.
Nel calice il colore è rubino denso con sfumature porpora-viola. Al naso non è particolarmente intenso e si esprime con note vegetali poi di prugna, cioccolato, spezie. Dà la sensazione del legno che non c’è con sentori di tipo terziario accattivanti. Ma è in bocca che diventa strepitoso: il tannino c’è ma è così vellutato da accarezzare il vino, si sente un’equilibrata acidità e una lingua polposa, quasi fruttata, al lungo retrogusto note di mandorla amara. La sua eccelsa armonia lo fa diventare morbido, gentile anche se di struttura e di potenza ce n’è tanta. Grande vino e infatti ha meritato le 5 stelle nella Guida dei Vini di Sicilia.
Versatile negli abbinamenti, consigliato con pappardelle ai funghi, spezzatino di manzo, formaggio ragusano di media stagionatura, perfetto col tonno sia esso al naturale in scatola, sia fresco scottato. Sono 4.500 esemplari che godrete a 14 euro in enoteca. In cantina su prenotazione visite e degustazioni.
Poggio di Bortolone Az. Agr. |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |