Con l'inizio dell'anno cominciano in Italia le anteprime del vino. Da nord a sud si presentano le nuove annate in molti territori ed è un'occasione per discutere e tracciare le prospettive commerciali.
Il professore Attilio Scienza, docente universitario a Milano e uno dei massimi esperti di viticoltura lancia una riflessione su queste manifestazioni che scandiscono ormai il calendario degli addetti ai lavori e dei giornalisti. Ecco il testo.
“Anteprime sì o anteprime no? È difficile dare una risposta univoca a questa domanda. Il tema è più complesso. Intanto nelle manifestazioni di questo genere c’è sempre un po’ di retorica. Che non fa bene. Ormai si tratta di veri e propri riti che sono entrati a far parte delle attività dei consorzi delle varie denominazioni e di associazioni che raggruppano produttori di vino. La loro origine va ricercata in Francia quando le anteprime avevano un senso commerciale. Infatti era il modo migliore per far conoscere ai mediatori la qualità di una specifica annata, che l’avrebbero immessa nel mercato solo dopo almeno un paio di anni. Quindi il mediatore, prima di impegnare somme importanti, voleva conoscere per bene il prodotto che poi avrebbe rivenduto. Oggi non è più così. Anche nella stessa Francia sono cambiate le regole. Perchè? Provo a rispondere.
La qualità del vino è sempre più costante, questo grazie al progresso della ricerca, con interventi sia nei vitigni che in cantina e fare un acquisto “sbagliato” appare molto difficile. E anche il valore del vino è quasi sempre costante, legato soprattutto alle etichette. Le anteprime in Italia così sono diventate il modo per parlare del vino, del territorio, delle attività legate alle cantine, l’occasione per raccogliere giornalisti, ed “affibbiare” stelle, la valutazione della vendemmia appena conclusa. Il rischio, che mi sembra molto concreto, è quello di svilire il vero significato del valore dell’attribuzione di queste stelle. E ne ho viste di stelle attribuite un po’ a casaccio. Anche perchè le vendemmie oscillano tutte tra le ottime e le eccellenze. Mi chiedo se tutto questo serva al vino e ai produttori. Io dico di no. E dico anche che il rito delle anteprime così come viene organizzato appare stanco e ripetitivo. D’altra parte i giornalisti, gli opinion leader, quache importatore sono sempre gli stessi e conoscono quei territori e quei vini senza dovere partecipare al rito delle anteprime, le quali hanno sempre il sapore di una scampagnata tra amici a spese dei consorzi (e quindi dei soci). Andrebbe riformato, modificato, attualizzato rispetto a quello che chiede il consumatore. Come? Immagino che si dovrebbe parlare più di economia, di territorio, di storia, di geografia, dei prodotti tipici, di cucina, si tralasciano i veri valori del vino che, ricordo, nasce grazie al lavoro di tantissimi uomini e donne. E un po' come il fenomeno delle guide. Anche lì: chi pensa ancora che siano efficaci e che condizionino il mercato e le scelte dei consumatori? È finita una fase. Per le anteprime così concepite, così come per le guide. Ripeto: sarebbe molto più importante, invece, raccontare le storie legate a quel vino, la vera essenza. Serve un’innovazione: bisognerà dare ai territori una nuova immagine, un’immagine meno iconica, entrare di più nelle storie dei produttori. Invece credo che molti non lo fanno. Tutto questo accade anche perché ci si affida ad esperti di comunicazione che tanto esperti non sono, perché hanno i soliti cliché, i soliti messaggi un po' ridondanti e spesso si vuole la massima resa con il minimo sforzo. Invece bisognerebbe osare ed innovare. Il rischio è che si dica sempre che il vino è buono. I consumatori, però, prima o poi si sentiranno gabbati. E il futuro prossimo non sarà d'aiuto. Mi chiedo, per esempio, come faranno a presentare l'annata 2014, che è stata un'annata molto complicata: parlare di qualità in tutta Italia sarà un vero azzardo. E spero che l'onestà intellettuale prevalga. Insomma serve innovazione, voglia di osare, è necessario sperimentare nuove formule. Più narrazione, meno stelle. Un'occasione di aggiornamento tecnico e di approfondimento sulle dinamiche dei mercati, per la presentazione di iniziative culturali. Più territorio, meno autoreferenzialità. Altrimenti si perdono i contatti con il consumatore. Che invece sa sempre come innovarsi. A dispetto di tutti i discorsi retorici sul vino”.
Attilio Scienza
(Testo raccolto da Giorgio Vaiana)