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L'azienda

Un Pinot Nero sull’Etna, la nuova sfida di Vito Catania (Gulfi) e Salvo Foti

06 Febbraio 2015
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(Vito Catania)

La nuova scommessa di Vito Catania, patron di Gulfi e del suo enologo Salvo Foti si chiama Pinot Nero. Un rosso le cui uve provengono da un vigneto dell'Etna. 

Ma non è l'unica novità che Vito Catania porterà al prossimo Vinitaly. C'è anche molto altro. Ma partiamo dal Pinot Nero, forse il primo mai prodotto con viti ad alberello in Sicilia. “Se ne produrranno appena ottocento bottiglie commercializzate ad un prezzo, ancora da definire, ma che si aggira intorno ai 40 euro franco cantina”, dice Catania. Il secondo vino è il Supremo, che potremmo definire il vino dello stesso produttore. Sua la scelta del nome per rappresentare quel “sogno del palato”, come lui stesso dice, dato dalla summa delle migliori qualità di Nero d'Avola di Pachino.

In tutto 3.500 bottiglie con un prezzo, ancora da stabilire, ma che si aggirerà sugli 80 euro franco cantina. E a seguire un rosato, il Rosà (10.000 bottiglie prodotte) e un Cerasuolo di Vittoria Classico (3.000 bottiglie, circa 12 euro il prezzo, franco cantina) che si aggiungono alla collezione dell'azienda che ha sede a Chiaramonte Gulfi. Foti, enologo, ce li descrive partendo dalla novità dell'Etna, un Pinot Nero 100%, che si chiamerà Pinò. “Questo vino – spiega – nasce da un suggerimento che proviene dalla Francia e che incontra la nostra voglia di accettare la sfida. Abbiamo atteso dieci anni affinché il vigneto dell'Etna, in contrada Monte la Guardia, a Randazzo, desse i suoi frutti. E in mezzo ettaro abbiamo impiantato cinque anni fa, su suggerimento del nostro fidato vivaista francese Guillaume, una selezione massale di due tipi di Pinot Nero di Borgogna, adattati al sistema di coltivazione ad alberello etneo. Con una densità di impianto quindi di 10.000 piante per ettaro, a 850 metri dal livello del mare”.


(L'enologo Salvo Foti)

“Le uve vengono vendemmiate nella seconda metà di settembre e vinificate in rosso con breve macerazione a temperatura controllata. Dopo la fermentazione alcolica viene travasato in piccole botti da 500 litri, dove conclude in modo naturale la fermentazione malolattica e affina su fecce fini per almeno un anno. Successivamente affina in bottiglia per qualche mese.

A noi è piaciuto molto, è confrontabile con il Pinot francese, ma nascendo sull'Etna, su un terreno vulcanico, acquisisce una diversa mineralità. In bocca si presenta più vivace e di un'eleganza particolare. Non è un vino di gradazioni alcoliche elevate, si mantiene sui 13 gradi. Come spiegare tutto a un appassionato? Foti spiega:Generalmente, la finezza del Pinot, come è sempre stato ribadito dai francesi, è dovuta alla presenza di calcare nel  terreno. Qui non c'è calcare. Il terreno è di sabbie vulcaniche. La verve in più è però data dalla mineralità del suolo.

Possiamo dire che lì dove è venuta a mancare la finezza, data dal calcare, è sopraggiunta la mineralità tipica del terreno vulcanico. Insomma è stato un bel matrimonio”. Poi c'è il Supremo “un divertimento per noi – spiega Foti – perché nasce da un caos filtrato dal nostro gusto. Si tratta di un blend dei nostri migliori cru di Nero d'Avola di Pachino di diverse vecchie annate, le cui uve sono una selezione accurata delle contrade Bufaleffi, Maccari, Sanlorenzo, Archi e Baroni.

Un giorno, spinti dal desiderio di fare un Nero d'Avola più complesso e impattante, ci siamo messi ad assaggiare una decina di vini, da barrique conservate nel tempo, di diverse annate e diverse contrade, e facendone un miscuglio, secondo il nostro gusto, senza regole, abbiamo tirato fuori il vino. Un po' come facevano i vecchi rappresentanti che mischiavano vini di annate e contrade per offrire un vino su misura. Non avrà un'annata. È un vino che ha avuto la complessità richiesta”. Tremila bottiglie e una cuvée che comincia con il 2001″.

C.d.G.