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Il caso

Pierpaolo Sirch (Preparatori d’Uva): “Bisogna difendere l’alberello, non estirparlo”

27 Novembre 2014
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Hanno preso il meglio dal sistema di allevamento ad alberello e ne hanno fatto un valore della loro tecnica di potatura.

I Preparatori d’Uva, la squadra capitanata da Marco Simonit e Pierpaolo Sirch che divulga il modello di gestione della vite orientato sul benessere della pianta, si dichiarano fan di questa tradizione viticola. Abbiamo voluto sentire il parere di Pierpaolo sul monito lanciato da Jancis Robinson lo scorso ottobre a Taormina Gourmet, l’evento firmato da Cronache di Gusto, sulla tutela dell’alberello come garante dell’identità territoriale del vino e del paesaggio (leggere qui).

“L’alberello va assolutamente difeso e non va estirpato – commenta –  Dove c’è da sempre non va assolutamente sostituito –  e dando ragione alla Robinson – E’ identificativo di determinati territori, come i cipressi e le colline lo sono per alcune zone della Toscana. La cosa sbagliata è quello che stiamo vedendo oggi. Con i contributi Ocm tantissimi viticoltori hanno tolto e stanno ancora togliendo l’alberello perché non è più redditizio. Qualcosa si deve fare per difendere questo patrimonio. Ricordiamo che estirpandolo non si otterrà mai un vino della stessa qualità, o almeno, si dovrà attendere parecchi anni per avvicinarsi allo stesso livello. Ed è un errore enorme anche dal punto di vista paesaggistico”.

Sirch non è però d’accordo sull’assunto che l’alberello sia in assoluto, e ovunque, il sistema migliore che dà tipicità e qualità al vino. Come ha sostenuto, invece, Angiolino Maule sempre a proposito della dichiarazione della master of wine, ribadendo che “con l’alberello si ottiene il massimo” (leggere qui l’intervista). “Non me la sento di dire che la tipicità sia strettamente collegata all’alberello o che questo sia il migliore in assoluto per la qualità. Bisogna, piuttosto, essere contemporanei. Capirne i vantaggi e adattarli alle altre forme di allevamento, come nel caso, per esempio, di un alberello a spalliera. Se la tecnica la adattassimo al guyot o a cordone speronato, il risultato sarebbe vicino a quello dell’alberello. Per esempio con il nostro metodo abbiamo fatto così. Spiegando un po’ meglio. Facciamo come chi ha gestito sin dall'antichità gli alberelli, rispettando molto la pianta non ricorrendo a tagli grossi al contrario di quello che è avvenuto per altri sistemi”. 

Manuela Laiacona