Nero d’Avola e Frappato.
Una giovane azienda che nasce nel 2000 quando Vincenzo Galioto ed i generi Francesco Scibona e Giuseppe D’Amaro comprano un vasto appezzamento di oltre 120 ettari di cui 82 di agrumeti nella contrada Macconi in agro di Acate (Rg). I tre si occupano di agrumi con una cooperativa in Bagheria (Pa) per cui l’interesse primario dell’acquisto sono proprio le arance, i limoni e i mandarini che vi si producono. Questa tenuta, circondata da un fitto insediamento di serre, era nelle vicinanze dei vigneti di importanti cantine, indice della vocazione viticola della zona, per cui nel 2006 viene spontaneo impiantare 13 ettari di cui 8 a spalliera allevata a cordone speronato di Nero d’Avola e il resto a Guyot di Frappato. Sono terreni sabbiosi ricchi di scheletro ghiaioso a circa 50 metri di altitudine e a 500 dal mare.
Il primo anno di produzione è il 2009 con un totale di 12.000 bottiglie di Don Vicè e di Nero d’Avola. In un mercato affollato come quello italico non è facile per una nuova azienda vendere il suo prodotto, per fortuna è stato più semplice trovare spazio all’estero, negli USA in particolar modo. Oggi la produzione venduta è di 25.000 bottiglie in 5 etichette, oltre alle 2 suddette un bianco, un rosato e un rosso da Frappato. Il resto è venduto come uva che sarebbe certificata biologica ma visto l’assurdità di molte norme non è più possibile riportarlo in etichetta. Francesco si occupa principalmente dell’uva e del vino coadiuvato dalla moglie Linda che si dedica alla commercializzazione.
Nero d'Avola
Il Don Vicè, che dal nome vuole essere un omaggio al suocero, è fatto per il 60% di Nero d’Avola e per il resto di Frappato da vigneti che ricadono nella zona della DOCG Cerasuolo di Vittoria che però non può essere denominato in quanto la vinificazione e il confezionamento avvengono fuori dal territorio. Infatti l’azienda non ha una cantina propria e si serve della consulenza dell’enologo Angelo Alescio utilizzando le strutture in cui Angelo lavora. In futuro si aderirà alla DOC Sicilia.
Le uve sono vinificate separatamente in maniera classica con una macerazione di parecchi giorni. Alla fine della fermentazione con lieviti selezionati circa il 20% affina per 8 mesi in barriques di secondo passaggio. Le masse poi unite riposano per altri 4 mesi in acciaio per poi andare in bottiglia dove rimangono a lungo. Interessante il tappo in speciale resina siliconica che garantisce almeno il 70% di permeabilità di un buon tappo di sughero monopezzo.
Nel calice il colore è rosso rubino discretamente intenso. All’olfatto liquirizia e pepe nero assieme a note vegetali, di frutti rossi e continuando a dargli aria vengon fuori il cioccolato e il caffè. Sono equilibrati sentori cupi, intensi, da vino strutturato che ha raggiunto la sua maturità. Al gusto arriva con un’inaspettata freschezza dovuta ad una giusta acidità accompagnata da setosi tannini. Armonico, fragrante, corposo ed intenso oltre i suoi 13 gradi, con un lieve sapore amarognolo ed un retrogusto molto lungo. Vino che ha scalato il suo apice dove promette di mantenersi per altri anni.
Abbiniamolo con rigatoni al ragout di salsiccia, polpette al sugo, frittata con asparagi, formaggio ragusano di media stagionatura. Sono 6.000 bottiglie che potreste trovare ad 11 euro.
Tenuta Macconi |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |