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Il caso

Una legge europea minaccia la memoria di un territorio, esplode il caso Clinto

20 Agosto 2014
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Marco schiavo

Multato dalla repressione frodi anche se possedeva tanto di Denominazione Comunale. 

A Vicenza è scoppiato il caso Clinto. Ovvero il paradosso che spesso nel nostro Paese si manifesta quando  ci sono di mezzo leggi e burocrazia. Questa volta a farne le spese non solo sono piccoli produttori, il caso di cronaca riguarda Marco Schiavo produttore di grappa che ha dovuto pagare una multa di 200 euro (ma poteva arrivare a 10mila). Messa dinnanzi al baratro dell'oblio è soprattutto la memoria di un territorio. Al centro della vicenda c’è, appunto, il vitigno Clinto, a cui è letteralmente ancora devota una intera comunità contadina. L’azienda  Schiavo, inserita nel registro delle imprese storiche d’Italia, insieme alle aziende Brunello e Capovilla sono rimaste le uniche a garantirgli una vita commerciale allo scaffale o nella carta dei vini valorizzandolo sotto forma di distillato. Molti vignaioli continuano comunque a coltivarlo per farne vino e acqua vite da autoconsumo (consentito dalla legge). Il Clinto è ptraticamente  il re della tavola.

Per capirne il valore è doveroso un piccolo flashback. Il Clinto non è inserito nell’albo ufficiale riconosciuto dall’Unione Europea dei vitigni coltivabili. E’ arrivato nel nostro Paese dall’America Latina nei primi del ‘900 per salvare una economia distrutta dalla fillossera. Per gli agricoltori una manna non caduta dal cielo ma approdata da oltreoceano, un patrimonio che ha dato ossigeno per tanto tempo a tantissimi viticoltori del Nord Italia anche se poi una legge degli anni 30, voluta da Mussolini, stabilì che da quest’uva non si poteva più produrre vino. Come il Clinto, all’epoca, vennero introdotte nella Penisola altre varietà alloctone: il Noah; il Taylor o l’Elvira per citarne alcuni. A tale divieto il Clinto è però sopravvissuto lo stesso, coltivato per farne grappa, conserve, aceto balsamico, tanto da diventare un prodotto gourmet identitario, icona della tradizione gastronomia di Villaverla e di Vicenza,  a cui è dedicata persino una sagra, “venerato” da una Confraternita e valorizzato anche dalle istituzioni locali. Il Clinto oltre ad essere resistente, si adatta ai terreni più poveri e non esige trattamenti di alcun tipo. Si ottiene un vino con bassa gradazione alcolica e di pronta beva. Ha poi per i produttori locali un valore affettivo. Perché questo ibrido venne creato dagli emigrati in America e nell’America Latina (incrocio di Vitis Lambrusca e Vitis Riparia). Una volta appurata la resistenza, lo mandarono alle famiglie in Italia per dare loro una speranza produttiva (come ci racconta Marco Schiavo).

Insomma, un tesoro che non deve scomparire. Invece l'Europa sembra non preoccuparsene. Ignara di ciò che rappresenta per un popolo quest’uva, ha emanato una legge che vieta la commercializzazione pure dei trasformati. Di fatto dando un colpo di spugna a una tradizione (già a rischio d’estinzione) e  ad una ricchezza da cui dipende il rilancio di una parte di Veneto. La settimana scorsa, il dipartimento anti frodi alimentari del Ministero ha fatto applicare questa legge. E dinnanzi all'attestato della Denominazione Comunale, gli ispettori hanno deciso lo stesso di compilare il verbale e di multare chi utilizza le vinacce di Clinto. L’attenzione dell’anti frodi si è concentrata solo adesso sul vitigno: “In tutti questi anni non sono mai venuti – si sfoga Marco Schiavo che si occupa anche del commerciale e produce di grappa da vinacce di Clinto solo 3 mila bottiglie -. Hanno cercato la multa facile. C’è adesso tutto l’interesse a farlo scomparire definitivamente. Ci batteremo per una deroga, del resto l'hanno concessa al Fragolino. Sono state già raccolte 200mila firme grazie alla Confraternita, capitanata da Sergio Boschetto del Mulin Vecio di Caldogno. A lei il merito di essersi attivata subito. L’assessore Manzato deve prendersi carico di questa battaglia. Solleciteremo anche il Ministro Martina. Non possiamo togliere la memoria al territorio. La gente ama questo vitigno, ci sono contadini che lo coltivano per amore, non per guadagno, pensa che fanno 10 chilometri per portarmi solo 50 chili di vinacce. Io stesso vale per me, mi verrebbe più facile, e anche meno costoso, mettere sul mercato una grappa di Cabernet, la piazzerei più velocemente dato che il Clinto dovrei prima spiegarlo e poi farlo accettare. Per noi è una risorsa che non si deve toccare!”. La Festa del Clinto che ogni anno si tiene a Villaverla, dove il vitigno è protagonista anche in tantissime ricette, è stata quest'anno graziata, ma l'anno prossimo rischia di scomparire per sempre dal calendario degli eventi. “Sa cosa hanno risposto questi signori a mia madre, che li ha fatti accomodare in azienda mentre stavo per arrivare? Lei, appreso il motivo della visita, si era sentita in dovere di ribadire quanto il Clinto fosse importante e che qualche settimana prima si era svolta la sagra. Ebbene gli agenti hanno semplicemente tagliato corto dicendo: “Eh, questa volta ci è scappata”. Avrebbero sequestrato tutto se fossero intevenuti quel giorno”. 

Manuela Laiacona