VIVERE DIVINO
Alessandro Bulzoni, titolare di una delle enoteche migliori d’Italia, racconta dal suo punto di vista l’evoluzione dei wine lovers italiani
“Ecco come crescono
i consumatori”
Abbiamo chiesto ad Alessandro Bulzoni, una delle migliori enoteche di Roma – la sua ha ricevuto spesso la nomination tra le migliori d’Italia – cosa sta accadendo nel mondo del vino, trend e consumi. L’attività di un’enoteca è una buona cartina tornasole delle tendenze.
Alessandro è una persona coinvolta, appassionata, con idee chiarissime sul cosa bisogna produrre, vendere, spesso a discapito del fatturato. A ben pensarci un interlocutore perfetto.
Alessandro, è vero che in questi anni i gusti dei consumatori sono cambiati?
“Direi in modo radicale. Dovremmo separare una analisi in tre parti. Gli anni ‘70-‘80, il periodo tra gli anni ‘90 e i primi anni del 2000, e questi ultimi 4-5 anni. Negli anni 70-80 avviene la rottura con la tradizione con delle proposte enologiche nuove, penso al Sassicaia e quello stile in generale, un periodo dove la tradizione è stata rinnegata con forza. Gli anni ’90 sono la consacrazione di questo stile oltre che un approccio di tipo speculativo sui grandi nomi. Sul mercato sono arrivati tanti vini che si ispirano a quei modelli. Negli ultimi anni, invece, si intravede un approccio critico, ma si resta al momento sulla scia precedente”.
Spiega meglio questi ultimi passaggi in rapporto ai consumi ed ai prezzi.
“Dunque, oggi, il 50% dei vini che vendo è sotto i 10 euro. Estendendo la statistica, il 70% del vino che vendo è sotto i 20 euro a bottiglia. Sui vini di fascia di prezzo più alta c’è una diminuzione significativa. Ma non soffermiamoci sui prezzi. Il punto è che si vende meno rispetto a prima; i consumi stanno scendendo perché il vino che c’è oggi sul mercato, a mio modo di vedere, non è così buono come lo era prima”.
Come mai?
“Penso che l’approccio industriale nella produzione del vino ne abbia limitato la bevibilità e gradevolezza, non in ultimo è trascurato l’aspetto salutistico. Il pubblico si sta disaffezionando progressivamente. Si sta allontanando. Ma non è una scelta ragionata, è una scelta istintuale, profonda. È come se il consumatore riconoscesse che c’è qualcosa che non fa bene e smettesse progressivamente di bere. La conseguenza è che si consuma meno vino, e penso che la tendenza nei prossimi anni bene o male questa”.
Ma questo potrebbe essere preoccupante per molte aziende.
“Fino ad un certo punto. Oggi le aziende italiane esportano moltissimo, alcune il 100% del prodotto. Il disagio commerciale è superato in questo modo”.
E i vini esteri?
“In forte calo. A parte la Francia che resta un punto di riferimento per numerosi appassionati, posso affermare che il vino estero si vende sempre meno, ad esempio l’Australia. L’Italia è meglio per qualità e prezzi”.
Quindi sei un pessimista?
“No, assolutamente no. Oggi la sfida delle aziende è il recupero verso valori che in questi anni sono stati trascurati. Anzitutto bisogna andare verso il recupero di stili “tradizionali” del vino, allontanarsi da quello che oggi viene definito “moderno”. Poi è bene riappropriarsi della quotidianità del vino, ed io sono qui per questo. Moltissimi miei clienti comprano il vino ogni giorno, per me questo è premiante. Dovrebbe essere così per tutti: un consumo sano e quotidiano del bicchiere del vino, senza scelte speculative o estetiche, tralasciando appunto l’aspetto edonistico, che rimarrebbe in modo però consapevole”.
Ma non tutti possono permettersi una bottiglia al giorno
“Volevo arrivare qui, neanche questo è vero. Sul mercato – è vero – ci sono dei prezzi spropositati, ingiustificati, ma ci sono anche vini straordinari a prezzi corretti. Una buona bottiglia di vino (enfatizza, ndr) deve costare il giusto. Potremmo fare degli esempi con la Sicilia. Ci sono nei miei scaffali bottiglie che costano 6 euro, un prezzo assolutamente competitivo per l’Italia, bottiglie validissime, tradizionali e buone da bere. Il mio lavoro è quello di indirizzare, educare la clientela a fare le scelte giuste”.
Facci qualche nome
“Preferirei di no. Posso però dire che del problema della qualità e dei prezzi soffrono più le grandi aziende. Per i produttori piccoli questo è meno probabile. Il piccolo riesce meglio a controllare la qualità. I vini sono spesso più bevibili. Il piccolo produttore è, ai miei occhi, un modello vincente”.
Quali sono le zone in Sicilia che vanno meglio?
“L’Etna sta vivendo un grande momento di riscossa, stanno dimostrando di poter produrre vini tra i più interessanti. Poi la parte orientale dell’isola, quella di Avola, Noto, Pachino ha ottimi esempi. Va forte anche quella”.
C’è un’altra zona della Sicilia che ti affascina?
“Sì, quella del Bianco d’Alcamo. Mi piacerebbe una riscoperta dello stile, un’esplosione improvvisa di tutta quest’area nord-ovest della Sicilia. Ci sono vini bianchi eccellenti di grande beva, piacevolissimi”.
Francesco Pensovecchio