Nero d’Avola e Frappato.
Se i nostri quattro lettori avessero tenuto la contabilità degli articoli di questa rubrica si sarebbero accorti che la settimana scorsa abbiamo raggiunto quota 100, iniziando il 29 maggio 2012. Siamo contenti, quasi orgogliosi, di iniziare la nuova centinaia con un vino di una Cantina Sociale, che quindi dà reddito ad un buon numero di vignaioli, dimostrando ancora una volta che si possono fare ottimi vini anche in quantità, che i coltivatori se opportunamente incentivati sono fieri di produrre buone uve e che sono disposti anche a trasformare i loro vigneti con varietà più adatte e quindi più redditizie.
La Cantina Sociale Paolini nasce a Marsala nel 1964 ad opera di 70 vignaioli che si mettono insieme visto che le proprietà sono molto parcellizzate e di piccola superficie. La vera operatività si ha nel 72 quando, crescendo il numero di soci, si decide di progettare una nuova attività che comprenda rinnovate strutture ed impianti. Però si continua a vendere vino sfuso che prende le strade del nord Italia anche se si comincia a comprendere che il futuro non è nella quantità bensì nella qualità. Arriviamo così negli anni novanta quando agli esistenti Catarratto, Insolia, Grillo e Nero d’Avola principalmente si affiancano i vitigni internazionali e specialmente si introduce in vinificazione l’uso del controllo della temperatura. A questo punto, accorgendosi che i tempi erano ormai maturi e che i loro vini manifestavano ottime caratteristiche nel 2004 si decide di affrontare il difficile commercio del vino imbottigliato.
Oggi Cantine Paolini, che nella realtà burocratica è la srl che commercializza i vini dellaCantina sociale, comprende 1.000 soci, 3.000 ettari di vigneti, 300.000 quintali di uva, 240.000 hl di vino di cui solamente il 20 % va nei 3.000.000 di bottiglie. Vincenzo Angileri, sotto la guida del presidente Gaspare Baiata, da direttore commerciale ha la responsabilità di incrementare anche in tempi difficili la quantità del confezionato. Il vigneto medio è di circa 3 ettari e in un comprensorio così frazionato che si estende in maggior parte attorno a Marsala, ma che arriva a coprire praticamente quasi tutta la provincia di Trapani, controllare e guidare un’agricoltura di qualità non è cosa facile e richiede un costante impegno di un’equipe di tecnici guidata dall’agronomo Giovanni Angileri, mentre in cantina dirige le operazioni l’enologo Pietro Montalto. Il criterio in genere è di adottare un ciclo produttivo di 30 anni rinnovando la gran parte delle vigne vecchie, destinando le uve di quelle nuove ai vini di base e quelle più anziane, man mano, ai vini top. Il minuto frazionamento non permette la coltivazione meccanica e tranne l’aratura del terreno, tutto è svolto a mano. I vigneti si tramandano da padre in figlio e pertanto 1.000 famiglie riescono ad avere un discreto o un buon reddito dalla coltivazione e il conferimento delle uve.
I vini sono 27 suddivisi in 5 linee ed una produzione di 250.000 bottiglie è certificata biologica. La linea di pregio è costituita da 72 Filara, che prende il nome dalla prima annata della Cantina e da Filara, intesa come piccola particella. Infatti i 3 vini della linea sono creati da piccole vigne, le più vecchie, e in particolare il Frappato di cui ci sono quasi 80 ettari è ricavato da vigne ad alberello in terreni argillosi ricchi di ferro.
vigna di Frappato
Degustiamo il Nero d’Avola e Frappato che ne costituisce il 40 % nell’ultimo millesimo in vendita, il 2010. Vigne scelte e costrette a produrre poco le cui uve sono soggette ad una costante controllo fino in cantina prima del diraspamento. La fermentazione con lieviti selezionati dalla stessa Cantina avviene in acciaio a temperature di circa 23°. Dopo la svinatura e la fermentazione malolattica, i vini separati riposano alcuni mesi in vasche di cemento vetrificate, poi affinamento di un anno in barriques nuove per il Nero e in botti per il Frappato. Fatto l’imbottigliamento senza filtrazione almeno 8 mesi prima della commercializzazione.
Versato nel calice è color rosso rubino chiaro e brillante. Al naso deve aprirsi con una buona ossigenazione e così rivela la confettura di ciliegie, le more, prugne, cioccolato e caffè accompagnati da lievi note vegetali. E’ un bel vino franco, fine, dall’insieme compatto e intrigante. Al palato emerge un buon corpo, un’intensa struttura arricchita da una buona acidità e da tannini molto dolci. Un vino che inonda con la sua fragranza di frutta rossa e che rimane con buona persistenza.
Per gli abbinamenti la sua ricchezza acida ben si sposa a piatti grassi, consistenti, come una pasta con ragout di salsiccia, con un falsomagro con le cotenne, con costolette di castrato alla brace, con un pecorino romano. Sono 25.000 bottiglie che allo scaffale trovate a 15 euro che per un vino top non sono affatto molti.
Cantina Paolini |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |