Cambiano le parole del cibo. Un'evoluzione che lascia dietro di sé significati, li trasforma e ne porta di nuovi.
Cinzia Scafidi, direttore del Centro Studi di Slow Food e responsabile delle Relazioni Iternazionali dell'Università di Scienze Gastronomiche, ha fotografato nel libro “Mangia come parli”, edito da Slow Food, la rivoluzione del vocabolario del cibo. Centosessanta pagine, 14, euro. E' il terzo che firma la Scafidi, dopo “Guarda che mare”, scritto insieme a Silvio Greco, e “Sementi e diritti”, curato insieme a Stefano Masini. A Messina alla Libreria Colosi, in via Centonze 277, mercoledì 23 aprile alle 18,30, l'autrice illustrerà al pubblico i riferimenti semantici con cui ci orientiamo nella nutrizione e che ci legano al territorio.
Prendiamo la parola “vecchio”, per esempio scrive la Scafidi: “Vecchio era una bellissima parola. A tavola, poi, era perfettamente a suo agio. Il pane vecchio la faceva da padrone; il formaggio, il vino, le vecchie varietà locali di frutta, ortaggi, cereali, il vecchio ricettario di casa. Poi è arrivato Nuovo. Non è arrivato un po’ per volta, come aveva fatto Vecchio. È arrivato tutto insieme. Su più fronti, in varie forme. Nei campi e nelle stalle arrivavano i laureati delle facoltà di Agraria parlando di nuove sementi, nuove razze, nuovi prodotti, nuovi sistemi; nei negozi arrivavano nuovi formaggi, nuovi salumi, nuovi ortaggi e nuova frutta. Guardammo Vecchio e non capimmo più cosa ci stesse a fare. Lui, va detto, non combatté, non trovò alleati e si ritirò, un po’ offeso, o forse davvero convinto che il suo tempo fosse ormai passato. Ma dopo qualche decennio di corse a perdifiato, per mano a Nuovo, qualcuno si voltò a guardare la strada percorsa e il posto in cui eravamo”.
Altro termine interessante è “crudo”: «Crudo è una parola doppia, che parla di preistoria e di modernità, di povertà di mezzi e di raffinatezza di scelte, di immediatezza e di elaborazione. Cotto rassicura e a volte annoia, Crudo agita ma attrae. Ovviamente il termine crudo si usa oggi per designare il consumo non cotto di cibi che invece siamo abituati a consumare previo trattamento termico: […] pesce crudo o latte crudo o carne cruda. […] Tutto quel che viene cotto modifica le proprie caratteristiche, ma nessuno sostiene, per esempio, che verdure, uova o carne di qualità non debbano passare per il fuoco. Il latte merita un discorso a sé […]. Sul latte c’è stato una specie di riflesso condizionato, innescato da un’industria che non sa che dire sul proprio latte e quindi parla delle caratteristiche di processo e non di prodotto: è pastorizzato!».