IL DIBATTITO
Due enologi contestano il nostro paragone con la Borgogna. “Attenti, non ripetiamo l'errore di chi ha definito la Sicilia California d'Europa. Ogni territorio è una cosa diversa”
Quel titolo sull'Etna
“Attenti, non facciamo dell’Etna, quello che abbiamo fatto della Sicilia quando qualche anno fa venne definita la California d’Italia. Così accadde che la Sicilia fu identificata con una zona vitivinicola che produce soprattutto vini marmellatosi. E non è per niente vero”.
Nicola Centonze e Vincenzo Bambina sono in giro per cantine, il loro lavoro di enologi, e non hanno gradito il titolo di Cronache di gusto, “Etna, la nostra Borgogna”. Il titolo è mio e me ne assumo la responsabilità. Comprendo che per gli addetti ai lavori non sia bello paragonare il terroir vulcanico con la zona francese più eletta. Capisco che la semplificazione talvolta può risultare eccessiva. Ma spesso noi giornalisti cerchiamo l’immediatezza, la sintesi. Talvolta magari eccedendo. E pertanto quel titolo lo rifarei. Tuttavia ho deciso di ascoltare anche i pareri discordi.
E allora non è vero che l’Etna possa essere definita la nostra Borgogna?
“Secondo me no – attacca Bambina – perché sull’Etna è impossibile fare vini come in Borgogna. La Francia è un’altra cosa, e l’Etna è un’altra cosa. Con questo paragone invece si rischia di rovinare l’immagine di un territorio e di un microclima unico in Sicilia. Anche se la Sicilia, va detto, è un continente dove ognuno dei suoi territori esprime caratteristiche diverse”.
Quindi?
“La Borgogna è grande – continua Bambina – perché c’è il Pinot Nero e il Pinot Nero è grande perché si coltiva in Borgogna. Tutto questo significa unicità di territorio, di vitigno e di vino”. “Io evidenzierei – aggiunge Centonze – che la Borgogna non è vulcanica e i vigneti non si trovano a 700 metri di altitudine. E ci piace definire l’Etna come un territorio tipico e unico, molto siciliano. Non roviniamo neanche questo terroir”.
Quindi la semplificazione non vi è piaciuta?
“Ci sta molto stretta. Il rischio – dice ancora Bambina – è che tutti si mettano a fare quello che sull’Etna non si può fare. Globalizzare anche questa zona. Imitare modelli viticoli che non sono del territorio”.
Voi parlate da addetti ai lavori ma non pensate che in questo modo abbiamo tentato di spiegare l’Etna anche ai profani?
“No – dice Centonze – il modo migliore era quello di comunicare l’Etna attraverso i suoi vini: i bianchi minerali ed eleganti e i rossi molto sapidi, salini e longevi. Meglio un altro titolo”.
Quale?
“Etna, la nostra eleganza”, conclude Bambina.
F. C.