Pinot Noir nella Appellation Gevrey-Chambertin Controllée.
Dove potremmo essere se non in Borgogna, nel regno del Pinot Noir? Così oggi trattiamo un “Grand Vin de Bourgogne” una delle zone viticole più importanti e famose della Francia. E come spesso succede per i vini francesi, per le loro denominazioni e classificazioni, non è tanto facile raccapezzarsi.
Sono circa 27.600 ettari vitati tra Lione a sud e Digione a nord in riva destra del fiume Saône in un territorio infinitamente parcellizzato dove insistono la bellezza di 100 AOC (Appellation d’Origine Controllée), suddivise in 4 livelli dal più basso: 23 nelle Denominazioni Régionales, 44 nelle Villages e di queste 44 alcune ricadono nelle 684 Climats cioè “parcelle delimitate” della Dénomination Premiers Crus, infine 33 AOC nelle Grands Crus che rappresentano le migliori.
E qui ci fermiamo perchè dobbiamo parlare di un vino in particolare, quello nel titolo dove Gevrey-Chambertin è l’AOC che ricade all’interno dell’omonimo comune e Les Corvées è il nome del vigneto mentre Domaine Tortochot è il nome del vigneron, della cantina come diciamo noi. Siamo all’interno della Côte d’Or, precisamente nella Côte de Nuits.
Tortochotè una delle più vecchie famiglie di vignaioli in Gevrey e quando Félix sposa una Liébaut de Morey, altra famiglia storica, gli ettari di proprietà diventano 12. Il figlio Gabriel riveste importanti cariche nel mondo ufficiale del vino e trasmette la sua passione alle figlie, specialmente a Chantal che inizialmente trascura questo mondo dedicandosi all’economia gestionale industriale. Per fortuna a 35 anni Chantal si pente, decide di dedicarsi ai suoi vigneti, prende un diploma di enologo e un altro in Scienze della Vigna e diventa un’esponente di quei vignaioli che segue la naturalità delle viti cercando di ottenere vini che siano veramente espressione del loro terroir.
La conduzione della vigna è quella storica delle tradizioni Bourguignonnes quindi viti basse ad alta densità (10.000 per ha), potatura attenta ed eventualmente vendemmia verde per lasciare soltanto i pochi migliori grappoli. Contro i parassiti si interviene al bisogno utilizzando al massimo la confusione sessuale e favorendo lo sviluppo dei predatori naturali degli acari. Dal 2003 si inizia la conduzione biologica proprio nel vigneto Les Corvées, senza più utilizzare molecole di origine chimica di sintesi. Applicando le pratiche dell’agricoltura biodinamica si costringe la vite ad approfondire l’apparato radicale in suoli più ricchi di sali minerali quindi, visti gli ottimi risultati, dal 2008 tutto il Domaine passa ad un biologico complesso dove l’equilibrio di piante ed insetti favorisce la salute delle viti.
Le vendemmie si effettuano a mano selezionando contemporaneamente i grappoli e gli acini migliori e scartando quelli non sani o perfettamente maturi. Le uve diraspate vengono pigiate dolcemente per rilasciare il mosto e facilitare la fermentazione. Il succo e le bucce vanno in serbatoi di acciaio dove sono raffreddati (tra 14 e 15 °C); il controllo della temperatura consente di pre-macerare a freddo per 4 o 5 giorni prima di avviare la fermentazione che poi si sviluppa senza l’aggiunta di lieviti procedendo con due follature giornaliere ed evitando il superamento di 32° di temperatura. Finita la fermentazione i vini assemblati vanno nella cave dove affinano in barriques di media tostatura tutte nuove per i Grands Crus, al 50% per i Premiers Crus e al 25% per i Villages. L’affinamento dura almeno 15 mesi, secondo i vini, alla fine del quale senza chiarifiche nè filtrazioni si imbottiglia.
I vigneti di solo Pinot Noir, com’è solito in Bourgogne non sono accorpati ma sparsi in 13 piccoli appezzamenti (foto sotto) che danno una etichetta di Regionale, 5 di Village, 3 Premier Cru e 4 Grand Cru. La produzione varia secondo le annate e recentemente si attesta sulle 50.000 bottiglie.
Il vino che degustiamo è quindi un’Appellation Village di 13 gradi alcolici nel millesimo 2011, un’annata che la stessa cantina definisce media. Il colore è rosso rubino chiaro. Al naso all’inizio non è perfettamente franco, accanto ai piacevoli frutti rossi a note vegetali e mentolate si avverte un pomodoro molto maturo. E’ un vino che deve respirare parecchio, meglio metterlo nel decanter e dargli molto ossigeno, poi diventa fine, sparisce il pomodoro e si arricchisce di sensazioni minerali. In bocca avviene lo stesso fenomeno per cui quando è ben areato si rivela di struttura mediamente intensa, di robusta acidità e morbidi tannini, nel complesso abbastanza equilibrato ma è al retro gusto che diventa un campione con una fragranza molto piacevole e quasi infinita. Aggiungiamo che l’indomani la bottiglia aperta e ritappata è ancora migliorata con una maggiore armonia ed un’intatta fragranza.
Da abbinare ad una pasta alla trapanese con pomodoro crudo, ad una cotoletta fritta nell’extravergine, ad una ratatouille di ortaggi, ad un caprino a pasta molle. Sono 4.500 bottiglie, in Italia importate da Vino&Design, che potete trovare a 45 euro.
Domaine Tortochot |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |