Antonio Rallo, Giuseppe Mannino, Alessandro Chiarelli
Giù le mani dall’Irvos, dal mondo del vino e dell’olio la voce è unanime.
Seppure con qualche sfumatura diversa e, il più delle volte, il dichiarato obiettivo di razionalizzare le risorse. Lo scenario prospettato da Cronachedigusto riguardante l’Istituto del Vino e degli Oli siciliani apre il dibattito non solo sul futuro dell’ente ma anche sulle prospettive delle aziende siciliane.
Alessandro Chiarelli, presidente di Coldiretti dice: “È un fatto doloroso vedere che i tagli colpiscono un istituto che lavora e che ha un ruolo importante per le aziende. Capisco e condivido l’esigenza di fare economie ma perché l’Irvos? Perché non rivedere competenze e finanziamento ad altri enti come l’Esa, l’Istituto Zootecnico o l’Istituto per l’incremento ippico? L’Irvos negli anni è stato un supporto fondamentale per le aziende, ha creato un mestiere quello dell’imbottigliatore, oggi sta lavorando nel settore dell’olio. E sempre mantenendo una sinergia con le organizzazioni. La mia non è una critica, né nei confronti del commissario né nei confronti del presidente ma non è pensabile tagliare l’Irvos. Vino e olio, insieme all’agrumicoltura, fanno parte del brand Sicilia da esportare nel mondo, la priorità è salvaguardarli”.
Il ruolo dell’Irvos come ente certificatore è sottolineato dal presidente di Assovini, Antonio Rallo. “L’Irvos – dice – ha un ruolo fondamentale a tutela della qualità, mantenerlo in vita e attivo è prioritario. Oggi la funzione di controllo che l’istituto ha rispetto alle Doc e alle Igt è molto importante perché permette di riunire in un’unica piattaforma tutte le produzioni, di beneficiare di un unico database cui fare riferimento. Non dimentichiamo i servizi che Irvos offre per quanto riguarda la programmazione, in ambito Ocm e Psr, utili al mondo del vino e ancora di più alle imprese più piccole e che non si riconoscono nelle associazioni”.
Mario Di Lorenzo, da un anno presidente del Consorzio Doc Monreale, punta sull’incapacità delle aziende di “fare gruppo”, scoglio contro cui impatta il mondo dell’associazionismo e che invece l’Irvos riesce a superare. “Resto perplesso – dice Di Lorenzo – di fronte alle scelte della politica siciliana che colpiscono un istituto che funziona e che è sempre in prima fila. Oggi l’Irvos è un punto di riferimento, per quanto riguarda la produzione nelle scelte varietali, per quanto riguarda la commercializzazione e soprattutto per quanto riguarda la promozione, considerato che tante piccole imprese non riescono a investire su questo. Presentarsi sotto il cappello dell’Irvos, presentarsi uniti sui mercati internazionali è importantissimo. La nostra è una Doc piccola e ci accorgiamo delle difficoltà nell’organizzarci, l’Irvos invece riesce a mettere insieme le piccole entità e farle diventare forti. In Sicilia purtroppo si stenta a capire che la collaborazione, il presentarsi uniti è la forza. Attraverso l’istituto passano l’organizzazione di fiere ed eventi capaci di far diventare forte la Sicilia, basti pensare che oggi, grazie al lavoro dell’Irvos, lo stand della Sicilia al Vinitaly è il secondo per numero di visite, solo dopo il Veneto”.
Ma ci sono anche voci fuori dal coro. Giuseppe Mannino, presidente del Consorzio Doc Etna, sottolinea la necessità di ottimizzare le risorse. E anche di rivedere i ruoli. “Negli anni passati – dice Mannino – ci siamo sempre opposti alla chiusura dell’Irvos, oggi però forse è il caso di rivederne compiti e funzioni. L’Irvos deve decidere se dedicarsi alla certificazione o alle attività di ricerca, promozione e assistenza alle aziende, i due ruoli non possono andare d’accordo. Oggi si pensa sempre che l’agricoltura sia un settore superfinanziato, in realtà alle aziende arrivano le briciole e dobbiamo passare da una burocrazia eccessiva che ci dice cosa fare, spesso lontana dalle esigenze delle aziende e da quello che il mercato ci chiede. Ecco, forse sarebbe il caso di razionalizzare , soprattutto in un momento in cui le risorse sono poche e si devono ottimizzare. Ottimizzazione che deve riguardare anche altri enti, come ad esempio l’Esa: vogliamo vedere i risultati o che il personale sia destinato ad altri servizi più produttivi”.
Di ottimizzazione parla anche Rosa Giovanna Castagna, presidente della Cia Sicilia. “Se dobbiamo dirla brevemente certamente l’Irvos non è da chiudere, bisogna scongiurare questa ipotesi che sarebbe la scelta peggiore. Se è necessario fare dei tagli, non è da qui che bisogna partire. Oggi l’attività dell’istituto sul fronte della certificazione è importantissimo e può diventarlo ancora di più se raggiungeremo l’obiettivo dell’Igp dell’olio. Ci sono invece tanti altri enti che non hanno la stessa priorità e la stessa funzionalità dell’Irvos”.
Di funzioni e ruolo dell'Irvos parla anche Rosario Di Lorenzo, ordinario di viticoltura all'Università di Palermo, che guarda ad un potenziamento dell'istituto. “Ritengo utile anzi necessaria – dice – un’attenta e rigorosa riflessione sul ruolo, i compiti, l’organizzazione, il lavoro svolto, i finanziamenti e le prospettive dell’istituto, ma è indispensabile che il dibattito e le conseguenti conclusioni abbiano come tema di fondo il potenziamento dell’Irvos”.
Stefania Giuffrè