Guglielmo Vuolo, Gino Sorbillo, Franco Pepe, Ciro Salvo
di Monica Piscitelli
Il mondo della pizza, non è una novità, è in turbinante evoluzione.
Nuove sperimentazioni su farciture e impasti, arditi abbinamenti, performance e classifiche. Nascono nuovi locali. C’è chi sale e c’è chi scende per lo Stivale per presenziare a questo e a quell’evento. A Identità Golose, a Milano, edizione del decennale, sono attesi alcuni dei “mostri sacri”, quelli che i più invidiosi o scettici chiamano con disprezzo “i soliti”.
Tra questi, Ciro Salvo, artigiano con un gradimento in crescita esponenziale e che a ben pensarci, “solito” non è affatto, visto che solo un anno fa davvero in pochi lo annoveravano nel ristretto Olimpo dei migliori. E’ stata di fatto la copertina di Gambero Rosso del luglio 2013 a consacrarlo definitivamente di fronte al grande pubblico.
Dopo aver lasciato la pizzeria di famiglia di San Giorgio a Cremano, circa un paio di anni fa, (locale che i fratelli Francesco e Salvatore hanno a loro volta portato in auge con un percorso di ricerca), Ciro Salvo ha cominciato a far parlare di sé dal banco della Pizzeria Massè di Torre Annunziata dove era con lo zio Gennaro, a sua volta oggi pronto a partire per Milano per il lancio del locale di Gino Sorbillo.
E’ stato così che i napoletani più esigenti hanno cominciato, in maniera inedita, a mettere la cittadina della provincia di Napoli nell’elenco delle mete da non perdere per la pizza come già hanno da anni avevano dovuto fare per seguire le orme di Franco Pepe.
Ma Salvo in una mossa ha messo a soqquadro le rotte dei foodies: se ne è andato a Napoli. “50 kalò” (nella cabala il numero 50 è associato all’impasto), inaugurato oggi, è un elegante locale con un menù stagionale e alcuni ingredienti selezionati (tra cui l’extravergine della Tenuta dello Chef Alfonso Iaccarino) ubicato nei locali di quello che è stato una delle glorie di Napoli ai tempi di Maradona: Il Sarago, a piazzetta Sannazzaro. 80 coperti più 40 all’esterno per gustare la pizza di Ciro Salvo, servo e amante della purezza dell’impasto sopra ogni cosa.
Di questi tempi chi si occupa di pizza non dorme sogni tranquilli, insomma.
Guglielmo Vuolo, un altro grande e consumato interprete della più sublime tradizione, dal canto suo, ha lasciato la provincia affidando al figlio Valerio il nuovo locale di Casalnuovo per venire in città scommettendo su Eccellenze Campane, il nuovissimo progetto di Pasquale Buonocore sostenuto da Paolo Scudieri, presidente di Adler Group. Un po’ di movimento anche nel centro storico, infine.
L’inarrestabile Gino Sorbillo, dopo aver contribuito, negli anni, a rivoluzionare la percezione e l’aspetto di Via Tribunali, aver ricostruito daccapo il locale di famiglia che, appena rinnovato, era stato distrutto da un brutto incendio, aver creato Casa della Pizza – galleria di opere d’arte e laboratorio hitech – lo scorso maggio ha aperto Lievito Madre sul lungomare riuscendo a dar smalto ad un angolo di Piazza Vittoria che ha visto avvicendarsi una serie di iniziative fallimentari. Non pago di tutto ciò, tra una settimana apre a Milano a cinque minuti dal Duomo. Pizze di 7 tipologie a numero limitato (400 in tutto), impasto fatto a mano da Gennaro Salvo, secondo la prassi consolidata nel suo “Pulcinella”, dolci di Gianluca Fusco, gelati Pepino e Carapina, selezione di birre di Liberato Alberti. Il prezzo? Circa 7 euro per una signora Margherita. Popolarissimo. Ma Gino parallelamente lavora a Napoli al civico 35, nel locale della leggendaria Zia Esterina, per creare un locale dedicato alla “pizza fritta con il buco al centro che faceva lei, condita con un mestolo di ragù: alla bolognese, alla genovese e napoletano”. Ma all’orizzonte sembra abbia già in animo qualcosa all’estero.
Gli artigiani campani, insomma, sfruttano il momento d’oro. Lo stesso che sorride a Franco Pepe, il cui solo nome eccita la fantasia degli appassionati, pronto anche lui allo sbarco a Milano, questa volta con un gancio d’eccezione: Rocco Princi che sta aprendo a piazza XXV Aprile. Un passo impensabile, fino a un anno fa, conoscendo l’attaccamento di Pepe alla sua terra e che si spiega solo con l’altissimo profilo del progetto. Solo nell’ottobre 2012, il maestro di Caiazzo lasciava il locale di famiglia ai fratelli per trasferirsi tra i vicoli della bella cittadina casertana e dar vita a Pepe in Grani: ambizioso progetto di ricerca con il quale ha consolidato la sua immagine scalando in un lampo le classifiche mondiali della pizza. Nel locale di Princi, con il quale si stanno definendo i dettagli, Pepe proporrà quattro pizze. “Saranno fedeli alla mia impostazione. Mi accompagneranno i produttori di sempre: del mio territorio” mi racconta. Intanto l’ultimo tassello di Pepe in Grani è stato messo al suo posto: un paio di stanze destinate alla ospitalità per godersi una full immersion nella pizza di Pepe e, magari, consumarne una serviti in una saletta riservata agli ospiti di casa.