(Giovanni Ruffino)
Cinque anni fa per Santa Lucia abbiamo intervistato l’ex preside di Lettere a Palermo Giovanni Ruffino che fornisce la sua spiegazione sull’infinita disputa linguistica su arancina/arancino tra il capoluogo siciliano e Catania. Riproponiamo quest’articolo alla luce della notizia riguardante la Focacceria San Francesco.
E’ una delle regine più amate dello street food palermitano. Un vero simbolo del “Sicilia Style”. Alcune leggende raccontano che l’arancina nacque per caso da un emiro arabo che inventò il timballo di riso in seguito manipolato fino a fargli prendere la forma attuale. Difficile però trovare delle fonti storiche che possano confermare questa tesi. Secondo diversi studiosi, invece, le arancine siciliane deriverebbero dal miglioramento di un comunissimo modo di mangiare del mondo arabo. Gli arabi, infatti, erano soliti mettere nella mano sinistra del riso lessato dove aggiungevano pezzettini di carne ovina per poi portare il tutto in bocca. Nascerebbe così l’arancina che nel tempo è stata sottoposta ad un processo di arricchimento del gusto e degli ingredienti. “La pratica di preparare questi supplì di riso con vari condimenti – spiega Giovanni Ruffino, docente di Linguistica italiana presso l’Università di Palermo e Accademico corrispondente dell’Accademia della Crusca – secondo il mio parere è relativamente recente. Non risale a tradizioni lontanissime come accade in molti casi per la cultura alimentare in Sicilia.
La parola arancina non è registrata nei grandi vocabolari siciliani del ‘700 e dell’800. Questa parola compare invece alla fine dell’Ottocento. Il Traina, il vocabolario siciliano – italiano del 1868, riporta ad esempio il termine “arancinu”. Il dizionario però suggerisce di vedere anche il termine “crucchè” specie di polpettine gentili fatte di riso o di patate”. Potremmo, dunque, pensare a queste crucchè come a delle proto arancine fatte con la salsa e la carne che poi si friggono”.
Altra annosa questione difficile da dipanare riguarda il genere dell’arancina. Maschile o femminile? Arancina o arancino? “Nella Sicilia orientale, messinese e catanese soprattutto, si dice arancino – continua Ruffino – ed ha la classica forma a pera. Si tratta però di una semplice scelta linguistica meno corretta. In questi territori c’è stata una variazione morfologica cui corrisponde una variazione anche nella forma dell’arancina. A Palermo l’arancina ha invece una forma rotonda simile ad una arancia di cui la Sicilia è ricca e dalla quale prende il nome per analogia. E’ questa la forma corretta perché arancina deriva da arancia ed è femminile. Mangiarle poi alla carne, al burro o con le verdure dipende dal gusto. Certamente questi condimenti sono recenti e si tratta in definitiva di sovrastrutture successive e di scarso pregio”.
Le arancine costituiscono una delle più classiche preparazione a base di riso della cucina tipica siciliana e sostituiscono molto bene il primo piatto perché in definitiva si tratta di un timballetto di riso: “Altro discorso, infatti, andrebbe fatto per il riso che fu importato in Sicilia dagli arabi”. Spontaneo nelle Indie è stato sempre coltivato in Asia. Carlo Magno lo scoprì durante la conquista dell’impero asiatico e cercò di introdurlo in Europa senza successo. ”A Palermo nel giorno di Santa Lucia – conclude Ruffino – si è soliti mangiare la cuccia e le arancine. In realtà nella descrizione della festa di Santa Lucia del Pitrè non c’è alcun cenno riguardo l’usanza di mangiare in quel giorno anche le arancine. Dobbiamo quindi pensare che anche questa usanza sia relativamente recente e può essere spiegata in base alla tradizione che vuole che nel giorno di Santa Lucia è bene evitare il pane e la pasta”.
Rosa Russo