L’ANTEPRIMA
Pubblichiamo uno stralcio del romanzo “La montagna di fuoco” scritto per Food Editore dall’enologo Salvo Foti
La vendemmia sull’Etna
Il nostro collaboratore, l’enologo Salvo Foti, ha scritto per “I Tipi” della Food Editore un romanzo dal titolo “La montagna di fuoco”, sulla vita di chi fa il vino sull’Etna. Ne pubblichiamo uno stralcio tratto dal settimo capitolo: “I Vigneri”.
L’ANTEPRIMA
Pubblichiamo uno stralcio del romanzo “La montagna di fuoco” scritto per Food Editore dall’enologo Salvo Foti
La vendemmia sull’Etna
Il nostro collaboratore, l’enologo Salvo Foti, ha scritto per “I Tipi” della Food Editore un romanzo dal titolo “La montagna di fuoco”, sulla vita di chi fa il vino sull’Etna. Ne pubblichiamo uno stralcio tratto dal settimo capitolo: “I Vigneri”.
di Salvo Foti
Nei primi giorni di ottobre, come ogni anno in quel periodo, si avvertiva già nell’aria, nel fare, nel dire, nei gesti di tutti i giorni, qualcosa di diverso, una certa ansia, trepidazione. Era il preludio alla vendemmia che metteva tutti in uno stato di preoccupazione mista a gioia. Si era consapevoli che bastava poco perché un anno di lavoro andasse a male. Sarebbe stata un’annata persa. Le nubi che in questo periodo da noi sono grigie, cariche di pioggia, passavano sopra i nostri nasi rivolti all’insù, tesi ad odorarne il tipico profumo. Gli sguardi sembravano indifferenti, ma gli occhi tradivano la preoccupazione di vedere fermare le nubi attirate dalla Muntagna di Fuoco. Si sperava che il vento li spazzasse via. La pioggia così desiderata in altri periodi ora faceva paura. Si faceva finta di niente… a Muntagna dici ca nu gniovi…na paura.. diceva mio nonno.
La sera, tutti attorno, a conca, si ascoltava u Nannu. Le sue storie, volutamente paurose per noi bambini, ci affascinavano. Sapeva tante storie u Nannu. In una di quelle sere, intorno al focolare, aspettando la vendemmia , con una espressione di chi sta confidando un segreto, una grande verità, u Nannu sentenziò: Carusi, riurdativillo sempri u vinu si fa ca racina, sulu ca racina! Rimasi stupito da questa banalità. Ovvio no, il vino si fa con l’uva!
Sono passate tante vendemmie da allora e questa banale verità mi ritorna spesso in mente. Nell’era delle biotecnologie capaci, sembra, di tutto. L’era dei superlieviti, dei superenzimi, che estraggono tutto quello che si trova (e non si trova) in un acino, che promettono di dare, da una uva mediocre, un vino di “alta qualità”, mi torna in mente il mio bisnonno:… riurdativillo sempri u vinu si fa ca racina.
Il vigneto è bellissimo! Le viti ultracentenarie. Piegate, dalle strane forme contorte si avvolgono al loro diritto palo di castagno. E’ il loro modo di opporsi all’uomo che li costringe ogni anno, nella luna di gennaio, a formare delle sculture viventi. I colori delle foglie non hanno eguali nella flora circostante. Emozionante, quando cadute sul terreno nero, formano un tappeto dai colori amaranto, dagli intrecci gialli e poi verdi, marrone, rosso intenso: mai persiano fu più vivo! E lei sullo sfondo, la Muntagna imponente, immobile sembra accudire come una madre amorosa i suoi figli, i vigneti che sopravvivono all’uomo, alle generazioni.
Il rincorrersi delle nuvole del cielo di ottobre che gioca con i timidi raggi di sole, mette i risalto questo arcobaleno di colori, profumi, emozioni. E basta chiudere gli occhi per sentirsi parte di questo miracolo.
La vite affonda le sue radici in un terreno per niente omogeneo formato dalle tante colate laviche succedutesi nei millenni. La dotazione in macro, ma soprattutto microelementi, è variabilissima. Ogni vite sembra avere una propria vita disgiunta dal resto. Dipende da dove e come affonda le sue radici nel terreno, se incontra terreno fertile o nuda roccia lavica.
Le piante spesso soffrono di questa disomogeneità pedologica e dei frequenti eccessi climatici. Questa sofferenza è però uno stimolo per le piante, che provoca in esse una grande e ostinata volontà di sopravvivenza, e li induce a dare poco frutto, ma ricco. Mai troppo dolce o troppo concentrato, di buona acidità e di grande equilibrio.
Tra la vite e l’ambiente vi è una lotta per la sopravvivenza. Le piogge possono arrivare inaspettate in qualsiasi momento, dipende dai venti che arrivano dal nord che portano spesso nubi cariche di acqua e qualche volta di grandine. Esse anche se abbondanti non vengono trattenute dal particolare terreno vulcanico. Nel periodo estivo la siccità rende il terreno sabbioso, asciutto e arido. Durante le molteplici lavorazioni estive, fatte per mantenere quanto più possibile la poca umidità nella terra sabbiosa, il terreno diventa una polvere impalpabile che si diffonde nell’aria rendendola irrespirabile e insinuandosi sin dentro le cavità più remote della pelle.