Zibibbo “du Faru”.
Un particolare Zibibbo che dagli anni ’50 fino ai ’70 era coltivato praticamente nella battigia sabbiosa che va da Timpatti ad oltre Capo Peloro il tutto in comune di Messina, quindi un vitigno che si nutriva di sale, che univa all’aromaticità sua tipica spiccate mineralità e sapidità. Alcune di queste uve addirittura finivano in Inghilterra. Ma le ferree ed efficienti istituzioni nazionali non potevano permettere il perpetuarsi di questo grave reato per cui si occupava impunemente la fascia demaniale quindi le vigne finirono sequestrate, le viti deperirono e addirittura andarono distrutte dalle mareggiate. Per fortuna qualcuna è rimasta, così Enza La Fauci, ricordando questo gusto particolare quando era ancora bambina, ne ha ricavate le marze ed ha impiantato, questa volta nel suo terreno a Mezzana, meno di un ettaro.
Enza, una laurea in economia, proviene da una famiglia che dall’800 realizzava laterizi e col fratello Giovanni si dedicò dall’80 alla distillazione col marchio Giovi (infatti Gio sta per Giovanni e Vi per Vincenza) e a forza di trattare vinacce si innamorò del vigneto, della vita tra le piante. Così decise di occuparsi dei trascurati vigneti di famiglia e nel 2004 ne rimpianta 2,50 ettari a Nocera, Nerello Mascalese e Cappuccio, Nero d’Avola. Siamo in piena DOC Faro e in questa denominazione ricade la maggior parte della sua produzione. Una minuscola cantina nel vecchio caseggiato ristrutturato ed ingrandito per potersi dedicare con amore ed attenzione alla creazione delle sue 12.000 bottiglie coadiuvata dall’enologo Emiliano Falsini. Tanto amore e tanta passione che si manifestano anche dall’entusiasmo con cui racconta i suoi vini, dagli occhi verdi che brillano intensamente, dal sorriso che diventa ancora più coinvolgente.
Ma torniamo al nostro Zibibbu du Faru, impiantato nel 2005 e poi tanta sperimentazione e tanti tentativi per fare un vino secco che riuscisse a mitigare l’estrema aromaticità dell’uva, che fosse un vino unico, particolare, da un vitigno chiaramente difficile, con pochissima resa, dalla buccia trasparente quando matura, che deve riadattarsi ad una quota per lui esagerata: 280 metri in contrada Mezzana. Ma nel suo DNA è rimasto il sale del mare, la brezza tagliente, la lotta per sopravvivere. Finalmente la ricetta è riuscita e nel 2011 le prime bottiglie. Nel 2012 che recensiamo meno di mille esemplari che prendono il nome dalla contrada Casa Bianca dove erano le vecchie viti.
Vendemmia a fine agosto e macerazione pellicolare con le bucce per circa 18 ore a temperature prossime allo zero. Il mosto fiore raccolto senza pigiatura fermenta con lieviti selezionati in barrique e dopo i travasi per illimpidirlo matura 3 mesi negli stessi barrique e poi in acciaio fino ad aprile quando è imbottigliato. Vino senza chiarifiche, senza aggiunte e con una filtrazione grossolana.
Case Bianche versato nel calice ha colore giallo dorato non intenso. All’olfatto note fruttate di albicocca, ananas, mela, agrumi; floreali con tanta zagara e un pò di rosa, aromi contenuti non esplosivi quindi di estrema eleganza che si completano con una forte mineralità che arriva fino alla pietra focaia. In bocca arrivano una vivace acidità, spiccata mineralità e gustosa sapidità che precedono di un soffio l’aromaticità che vien fuori nella retrolfatazione. Equilibrio, corpo e nel finale, tanto lungo, è la sapidità che riesce a prendere il sopravvento lasciando il palato asciutto. Uno zibibbo diverso, affascinante, per niente stucchevole, soli 12° per una bevibilità spinta, da provare magari acquistandolo direttamente dal produttore viste le poche bottiglie.
Da abbinare a gamberi crudi marinati, una pasta con cozze e vongole, un calamaro grigliato e gorgonzola dolce. Il prezzo per questa chicca è di 21 euro.
Tenuta Enza La Fauci |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |