Neanche una goccia.
Nel 2012 e fino al 10 giugno del 2013 la Doc Santa Margherita Belice e la Doc Sciacca sono rimaste a secco senza produrre nemmeno un litro di vino certificato. È quanto si evince dai dati Sian/Agea (Sistema informativo agricolo nazionale/Agenzia per le erogazioni in agricoltura) forniti dall’Irvos, Istituto regionale del vino e dell’olio.
Di contro, si registra, una crescita esorbitante della Doc Sicilia. Se in tutto il 2012 le richieste di certificazioni sono state 26 e gli ettolitri di vino certificati 12.500; nel 2013 (fino al 10 giugno) le richieste sono già 253 e gli ettolitri di vino certificati 104.200. Dato eloquente che certifica la voglia dei produttori, soprattutto quelli che operano in territori meno conosciuti, di trovare sponda in un brand dal forte richiamo.
Così Doc che prima producevano poco, adesso sono addirittura scomparse. È il caso di Sciacca e Santa Margherita Belice. Ma è doveroso dire che anche prima dell’avvento della Doc Sicilia, da quelle parti i numeri non sono mai stati di rilievo. Si pensi che Sciacca e Santa Margherita, insieme a Menfi e Sambuca di Sicilia, sono quattro Doc che insistono nel raggio di 40 chilometri. A detta degli esperti ciò è dovuto al fatto che negli anni ’90 sulla scia di Doc di successo come Cerasuolo di Vittoria, si è scatenata una corsa all’accaparramento di Doc, spesso per interressi campanilistici di amministratori locali miopi.
La Doc Santa Margherita Belice, per esempio, è nata nel gennaio 1996, quella di Sciacca nel giugno del 1998. Una gara basata su un campanilismo esagerato e su fini politici (molti i sindaci che hanno messo in bacheca l’ottenimento del marchio come se fosse un trofeo). Quello che però era un punto di partenza è diventato un punto di arrivo. Da allora, scarsi sono stati gli investimenti in produzione e, soprattutto, in comunicazione. E tranne rari casi di successo, oggi, a distanza di quasi vent’anni, quelle battaglie sembrano aver portato solo a delle vittorie di Pirro.
Francesco Sicilia