Vino locomotiva dell'agroalimentare.
Nei prossimi trent'anni un miliardo di persone in più sulla Terra avrà la disponibilità economica per acquistare beni voluttuari. Il comparto vitivinicolo made in Italy è pronto alla sfida, alla conquista di nuovi wine lover. E dal 68esimo congresso di Assoenologi arriva una proiezione che fa ben sperare le cantine: l'Italia si collocherà ai vertici della competizione nel mercato globale, e non solo per numeri, ma anche in valore, potrebbe uguagliare, se non superare, la Francia.
La corsa alla conquista dei mercati attraverso la qualità parte proprio dal Piemonte, la regione italiana con il maggior numero di vini a denominazione d’origine (58 di cui 42 Doc e 16 Docg). «Proprio in Piemonte – ricorda Giuseppe Martelli – direttore generale di Assoenologi – la nostra associazione fu fondata nel 1891, ad Asti, per opera di Arturo Marescalchi. Oggi raggruppa e rappresenta 4 mila professionisti, ossia il 90 per cento dei tecnici vitivinicoli attivamente impegnati. Se il vino italiano ha raggiunto i risultati che tutti gli riconoscono nel mondo è perché il ruolo dell’enotecnico è diventato importante e indispensabile. Anche i più scettici si sono convinti che la tradizione da sola non risolve i problemi, non migliora la qualità, non sana i bilanci delle aziende e che il vino, come qualsiasi altro prodotto biologico alimentare, senza tecnologia solo casualmente può essere di qualità».
Il settore vitivinicolo guarda oltre il profilo delle colline, ma con i piedi ben saldi nel vigneto. “E il vino- dice Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi – è il miglior marcatore del territorio. Si fa soltanto sul posto a differenza di altri prodotti. Ma bisogna essere consapevoli che la cantina non è più solo una poesia, dobbiamo uscire dal guscio, individuare quali mercati sono più adatti ai nostri vini e percorrere quelle strade”.
Al congresso sono state illustrate le esperienze di una viticoltura estrema, quella che ogni giorno deve fare i conti con zone desertiche, prive d’acqua oppure precipitate negli intensi rigori invernali. Bob Bertheau (Columbia Valley), Alberto Antonini (Mendoza, Argentina), Len Knoetze e Heinè Janse van Rensburg (Belville, Sudafrica), hanno raccontato come, grazie alla tecnologia, si può vincere e addomesticare le condizioni estreme di viticoltura. “Un modo per trasformare le criticità in opportunità – dice ancora Martelli – e un’esperienza che può tornare molto utile anche in Italia”.
Guardare al trentennio che verrà significherà misurarsi con altre sfide, prime fra tutte quelle legate al clima e all’ambiente. Le condizioni ambientali anche in Italia stanno mutando con oscillazioni improvvise, tali da stravolgere antiche e consolidate certezze di coltivazione.