Italian sounding e poca chiarezza in etichetta hanno causato danni per 1 miliardo di euro
Si fa un gran parlare di eccellenza e denominazioni, però dall'altro lato il consumatore medio ancora è poco acculturato in materia e fa fatica a distinguere.
E' quanto emerge dallo studio condotto sul consumo del Grana Padano e presentato al Tutto Food di Milano: fra i 25 e i 44 anni, il 20,5% ritiene che fra il prodotto Dop e quello similare posto a confronto non vi siano differenze, mentre questo dato raggiunge addirittura il 62,5% se si analizza il target oltre i 65 anni.
Questa “confusione” costa 1 miliardo di euro, 700 milioni all'esteo e 300 milioni in Italia. A contribuire la mancanza di chiarezza in etichetta e anche sugli scaffali, dove non si danno le giuste informazioni al consumatore, quele possamo metterlo in condizioni di conoscere il prodotto e distunguerlo dagli altri. Cosa che causa un cannibalismo a danno del prodotto a denominazione da parte di prodotti similari, dato che poi, soprattutto nel caso del Grana Padano, le differenze d'aspetto non vi sono, o quanto meno non sono lampanti. E infatti, proprio all'estero, il prodotto d'eccellenza italiano subisce i colpi più duri con l'italian sounding e la contraffazione che vede il Consorzio del Grana Padano intervenire con 14mila controlli e azioni di vigilanza ogni anno e che costa un investimento che supera gli 8 milioni di euro.
“Da sempre – ha dichiarato il presidente del Consorzio Nicola Cesare Baldrighi – siamo in prima linea nel sollecitare risposte concrete dalle istituzioni nazionali e comunitarie per contrastare una problematica che colpisce non solo il nostro prodotto, ma tutto il made in Italy di qualità. E' chiaro che il consumatore viene confuso e non è libero di scegliere”.
“L'agressione è sleale per noi e per il consumatore che – ha detto Berni, direttore generale del Consorzio – non viene messo in condizione di conoscere la provenienza della ‘imitazione’. La mancanza in etichetta della dicitura che indica il luogo di confezionamento e i molteplici nomi di fantasia italiani, anche attraverso l'utilizzo della scritta 'Gran', confondono il consumatore. Ma la vera beffa è che tutto questo, per le leggi comunitarie, è legittimo”.