Bruno Paillard durante la degustazione
Elegante e imponente, la stazza è quella di un uomo della Champagne.
Poi il suo racconto smentisce l’impressione, ed esce fuori un temperamento appasionato e umile, alla mano. Bruno Paillard, che ha fondato la sua maison nel 1981 a Reims, è una delle poche figure nela regione che incarna insieme il ruolo di proprietario e chef de cave. Una personalità che stona se si pensa ai personaggi che popolano l’elité dei grandi alla guida delle maison. E questa duplice identità emerge dal modo con cui parla dei suoi vini. Lo abbiamo incontrato al Vinitaly in occasione della degustazione organizzata dal distributore Cuzziol. Protagonisti quattro Champagne nati dall'idea, o meglio dal suggerimento di un amico giornalista, come ammette lo stesso Paillard, di fare il migliore Champagne in assoluto di tutta la gamma. Nec Plus Ultra, descrive il progetto messo a punto per ottenere il massimo, l’eccellenza, non è solo una dicitura.
Al calice sono state servite le annate 1990, 1995, 1996, 1999. Si tratta vecchi millesimi che vanno oltre i tempi stabiliti dal disciplinare, con un dosaggio minimo, anzi al limite del minimo, ottenuti dall'assemblaggio di botti selezionate. Affidano al passare degli anni l’affinamento e l’evoluzione. Provengono dai grand cru Le Mesnil e Oger, Bouzy, Verzeay e les Riceys. Dall’annata 1996 questo millesimo è diventato un blend di 50% Chardonnay e 50% Pinot Noir e ottenuto dell’assemblaggio di botti selezionate. Sono trentadue per l’annata 1995. Non solo portare nel calice la migliore espressione dello Champagne ma l’idea di Paillard era anche quella di assicurare una lunga prospettiva temporale. E per prepararsi a questa sfida ha voluto fare i conti con l’ossigeno, scenderci a patti, senza temerlo. Di ciascuna annata prodotte pochissime bottiglie.
Questa tipologia di millesimo nasce dalla prima spremitura di uve nobili. La fermentazione avviene interamente in barrique. Le botti non vengono colmate interamente. Il vino sta sui lieviti per dieci anni e oltre, quando invece il disciplinare detta almeno tre anni. Il dosaggio è bassissimo, appunto, di 4 grammi per litro. Dopo la sboccatura il vino riposa in bottiglia per un anno o più. Il perché lo spieghiamo le sue parole: “La sboccatura è come un’operazione al cuore fatta ad una persona anziana. Ha bisogno di una lunga convalescenza per rimettersi. Il vino a questa età è molto fragile”.
Il millesimo 1999 ha maturato sui lieviti per 11 anni e mezzo. Dopo la sboccatura fa un anno e 4 mesi in bottiglia. Alla vista i riflessi verdognoli chiaro ingannano, fanno pensare ad un Blanc de Blancs. Fine al naso. Crosta di pane, frutta, mandorla. In bocca elegante. Perlage setoso. Fresco.
Il millesimo 1996 è frutto di quella che viene considerata una grande annata nella Champagne. Con un clima secco e tempo velato per gran parte dei mesi estivi che hanno consentito alta maturazione e allo stesso tempo elevata acidità. Supera il test del tempo più delle altre annate. Dimostra un altissimo potenziale di invecchiamento. Dodici anni sui lieviti. E dopo la sboccatura due anni in bottiglia. Ancora vivace. Nerbo acido. Grande beva. Al naso svela un’interessante evoluzione. Le note salmastre, iodate che emergono repentinamente una volta versato lasciano il posto a sensazioni fruttate, spicca la nespola e l’arancia candita.
Il millesimo 1995 fa 11 anni sui lieviti. Ha riflessi dorati, Agrumato e fruttato al naso. Ha un’impronta mielata e burrosa. Di buon equilibrio. Persistente. Lascia sensazioni citriche e di crosta di pane. Bella acidità.
Il millesimo 1990 è la prima edizione di Npu. Rimane 12 anni sui lieviti. Un po’ meno persistente rispetto agli altri. Regala ancora freschezza. E’ gentile. Anche in questo vino prevalgono le note dolci della frutta. Elegante.
M.L.