Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il caso

“Scandali alimentari? Il problema è anche la qualità. Non è detto che un prodotto perfettamente tracciabile sia buono”

01 Marzo 2013

Alla notizia della presenza di carne di cavallo in prodotti in cui non era prevista è seguita quella del latte albanese in cui sono state rilevate sostanze cancerogene. Si ritiene giustificata la preoccupazione dei consumatori che chiedono il diritto all’espressa, chiara e completa  rintracciabilità in etichetta.

Abbiamo chiesto a Roberto Rubino, Presidente dell’ Associazione nazionale per la tutela e la valorizzazione dei Formaggi sotto il cielo (Anfosc) qual è la sua opinione su questo argomento.

“L’attuale legge europea – commenta Rubino – prevede la tracciabilità del prodotto. Il problema è quando la legge non viene rispettata e allora si ha la frode. Ma la vera complicazione è, a mio parere, la mancanza di qualità anche in un prodotto perfettamente tracciabile che in quanto tale non è detto che sia buono. Per il latte, in particolare – continua – esiste la legge che disciplina il latte fresco di alta qualità, in Italia prodotto soprattutto in allevamenti intensivi. Anche questa è una frode perché fornisce al consumatore un’informazione distorta”.


Roberto Rubino

A proposito dei requisiti per poter parlare di qualità, Rubino riferisce: “A fare la differenza è il processo di produzione, nel latte come nell’olio e nella maggior parte delle prodotti alimentari. In particolare per il latte, è oramai scientificamente provato che la qualità dipende da quante tipologie di erba mangia l’animale, a prescindere dalla razza. In maniera molto semplice, se il  fieno è buono e l’animale è allevato al pascolo dove mangia anche altra erba e nient’altro possiamo essere certi che  il latte prodotto sarà di qualità”.

Rubino presenta oggi all’Agrosud, la  fiera dell’agricoltura di Napoli, il progetto “Nobilat” (lattenobile.it) che definisce i parametri di qualità di un latte definito nobile. “Per la definizione del latte nobile – spiega – abbiamo utilizzato la misura del rapporto tra omega6 ed omega3, tanto migliore quanto più basso. Negli animali allevati a pascolo il valore è pari ad 1 contro 15 di quelli allevati in stalla. Un altro parametro importante è il grado di protezione antiossidante al colesterolo, uguale a 20 nella prima categoria rispetto allo 0 della seconda. Nella ricerca siamo supportati anche dal Corfilac ed insieme stiamo cercando di fare conoscere questo prodotto ai consumatori, nonostante gli ostacoli provenienti da qualche organizzazione e da una parte del mondo universitario. Al momento fanno parte del progetto diversi produttori della Campania, in particolare delle zone di Benevento e di Avellino, e della Basilicata ma siamo in trattative anche con aziende piemontesi e sono già stati testati i primi esperimenti per la trasformazione in dolci e latticini in alcuni caseifici e pasticcerie”.

D.C.