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Scenari

Ristoranti Italiani nel mondo, come ottenere il marchio di qualità

20 Febbraio 2013
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Cos’è un vero ristorante italiano all’estero? Una domanda apparentemente semplice ma che trova difficile riscontro pratico.

Ad aiutarci a capirlo c’è Giovanni Antonio Cocco, direttore generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche (IS.NA.R.T.), società “in house” al sistema delle camere di commercio italiane, specializzata in studi e ricerche sul turismo e in certificazione delle strutture ricettive e ristorative di qualità (www.isnart.itwww.10q.it).

IS.NA.R.T ed Unioncamere si aprono agli orizzonti internazionali e si fanno promotrici del progetto “Ospitalità Italiana – Ristoranti Italiani Nel Mondo”, che nasce nel 2010 con lo scopo di tutelare le imprese di ristorazione che fanno dell’italianità, quella vera, la loro prerogativa.

Ad oggi sono oltre 2000 mila i ristoranti italiani all’estero visitati da una apposita commissione, di cui 1100 sono stati certificati. Obiettivo superato rispetto a quello prefissato al nascere del progetto, che oggi, come afferma Cocco “non è più solo un progetto, ma un processo”.


Giovanni Antonio Cocco

L’idea scaturisce dalla consapevolezza che “i ristoratori italiani che operano all’estero sono i guardiani del prodotto italiano”, come definiti da Cocco, e per questo uno strumento come quello della certificazione rappresenta il canale per individuare le vere realtà, premiarle e diffondere la cultura autentica dell’enogastronomia italiana all’estero.

“Sono tutti veri i ristoranti italiani nel mondo? La risposta è no”. Lo dice a chiare lettere Cocco che punta il dito sui “KO”, come definiti dal decalogo del progetto, delle imprese che subito possono essere dichiarate “falsi ristoranti italiani”: l’utilizzo di prodotti che non provengono dall’Italia, la mancanza dell’esperienza dello chef e la costruzione fuorviante del menù. Ma non solo. Non si parla solo di prodotti ma anche di processi, che non hanno nulla a che vedere con la “cucina di assemblaggio” assolutamente anti-italiana. Sicuramente un imprenditore straniero può amare la cucina italiana tanto da aprire un ristorante all’estero, ma in quanto poi ambasciatore della cultura enogastronomica italiana, deve rispettare dei requisiti che il disciplinare costruito da IS.NA.R.T vuole indicare, strumento ben accetto tra le fila dei ristoratori che vogliono fare della cucina italiana un vero vantaggio competitivo.

Quali i requisiti che guidano nella selezione dei veri ristoranti? Dieci le macro aree di riferimento da considerare: identità e distintività, accoglienza, mise en place, cucina, menù, proposta gastronomica, carta dei vini, olio extravergine d’oliva, esperienza e competenza, prodotti Dop e Igp.

Approfondiamone tre in particolare.

Iniziamo con la carta dei vini. In sostanza, ci dice Cocco, “la carta dei vini deve contenere vini italiani Dop o Igp in misura non inferiore al 30% e si rende necessaria la presenza di almeno 5 vini italiani Dop o Igp”. L’assenza di questo requisito determina l’esclusione del ristorante della certificazione, è, quindi, un “Ko”.

Nella carta dei vini, inoltre, devono essere proposti spumanti italiani, liquori e distillati di provenienza italiana e devono essere indicati il nome della denominazione e della cantina/produttore e la regione di provenienza.

Passiamo all’olio extravergine d’oliva. Il decalogo indica che “il ristorante deve proporre al cliente, per il condimento a crudo, solo olio extravergine d’oliva Dop/Igp di provenienza italiana o olio extravergine d’oliva italiano”. Come per il vino, l’assenza di tale requisito rappresenta un “KO” per la certificazione. L’olio extravergine d’oliva italiano, poi, deve essere utilizzato anche nella preparazione dei piatti ed al cliente deve essere fornita la possibilità di scegliere fra più oli extravergini di oliva italiani o Dop/Igp di provenienza italiana.

Non viene trascurata, ad esempio, la risorsa immateriale alla base della cucina italiana: l’esperienza e la competenza: attestato professionale di cucina italiana ottenuto presso un istituto di chiara fama, addestramento presso un ristorante in Italia per un periodo non inferiore ai 6 mesi; esperienza in cucina italiana, anche presso un ristorante italiano all’estero, non inferiore ai 3 anni”. Inoltre “il personale addetto alla preparazione dei piatti ha partecipato ad attività di aggiornamento sulla cucina italiana”.

Nel dettaglio, capiamo meglio qual è la procedura del rilascio del marchio “Ospitalità Italiana – Ristoranti Italiani Nel Mondo”. Innanzitutto si rende necessaria l’adesione al progetto delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, oggi rappresentative di circa 46 Paesi. Le camere di commercio avviano una campagna di comunicazione per sensibilizzare i ristoranti presenti sul loro territorio ad aderire, a loro volta, al progetto “Ospitalità Italiana, Ristoranti Italiani nel Mondo”.

I ristoranti interessati, che si candidano e che superano un previo controllo vengono sottoposti ad una valutazione da parte del Comitato di valutazione a cui si abbinano visite presso i ristoranti candidati, effettuate da parte delle camere di commercio. Durante la verifica viene compilata la check-list di valutazione accompagnata da testimonianze fotografiche, files e dichiarazioni. Una volta completata tale analisi, il Comitato di valutazione rilascia alle aziende meritevoli il marchio “Ospitalità Italiana, Ristoranti Italiani nel Mondo”.

I ristoranti certificati ricevono un attestato ed una vetrofania in occasione di un evento apposito che si svolge nel Paese, e entrano a far parte di un processo promozionale ad hoc. In più, con il Premio “Ospitalità Italiana, Ristoranti Italiani nel Mondo” vengono riconosciute le realtà d’eccellenza, premiando le strutture più votate proprio dai clienti. Questo si è tenuto per la prima volta nel 2012 a Milano, che ha visto come vincitore assoluto il ristorante San Pietro di New York.

Appuntamento del 2013 la cerimonia di premiazione, che si terrà questa volta a Roma nel mese di giugno.

Lucrezia Balducci