Il racconto di Alessandro Torcoli:”Il primo insegnamento? Degusta come un detective e argomenta come un avvocato”
Alessandro Torcoli
C’è arrivato, lì dove in pochissimi riescono.
E’ al primo anno e insieme ai suoi compagni, che vengono da 20 Paesi, sta vivendo la vera “Wine experience” (così da lui definita). Alessandro Torcoli, che conosciamo come direttore di Civiltà del Bere, in questo momento sta vestendo anche i panni da studente al primo anno di corso Master of Wine.
E’ uno dei cinque italiani ad avere passato le selezioni per accedere all'esame di diploma dell’Istituto più autorevole che conta nella sua membership 299 esperti di vino in tutto il mondo. Queste si sono tenute a marzo dello scorso anno al Masterclass alla Tenuta Tignanello degli Antinori, il secondo in tutta la storia dei Mw ad essere stato realizzato nel Bel Paese con lo scopo di reclutare esperti italiani, il primo fu tenuto nel 1996. Sia allora che l'anno passato, si contano sulle dita delle mani coloro che erano riusciti a superare il pre-esame ma nessuno di loro ce l'ha fatta a diventare Master of Wine.
L'impresa è ardua e mettiamo pure che si deve avere una padronanza della lingua inglese di altissimo livello, vista l'origine dell'Istituto fondato a Londra negli anni '40 e da commercianti ed esperti di vino inglesi. Con l'augurio di vedere al più presto un italiano entrare nella cerchia dei 300, nel frattempo abbiamo raggiunto Torcoli al telefono per farci raccontare la sua esperienza, le “fatiche” di studio che sta affrontando per prepararsi all'esame di diploma e anche per conoscere più da vicino, grazie alla sua testimonianza diretta, il mondo dei Master of Wine.
Come sta andando questa esperienza da studente, come si sente?
“La pressione è tanta. Ma diciamo che otto mesi fa ero più angosciato. Per certi versi è un'esperienza esaltante. Ci si confronta con un approccio e un metro di giudizio completamente diverso. Ne sono molto affascinato. E diciamo che è adesso lo studio della materia ad essere diventato il centro del mio pensiero e non il fatto di diventare a tutti i costi Master of Wine. A distanza di questi mesi la strada si va facendo più chiara e ho compreso cosa esattamente l'Istituto si aspetta. Insomma, adesso comincio a prenderla in modo filosoficamente diverso”.
Che cosa richiede l'istituto a chi vuole diventare Master of Wine?
“Dobbiamo partire da una precisazione. L'istituto è costituito da una membership, il vero fine è di accertare la tua preparazione al fine di proporti e ammetterti quale socio. Essere Master of Wine più che essere un riconoscimento da inserire in un curriculum vitae significa l'ingresso in una élite, e la cosa più importante è che ciò avviene assolutamente in base al criterio meritocratico. Non esiste alcuna cooptazione di tipo corporativa. Vogliono che i soci dell'istituto abbiano dimostrato di essere all'altezza di una compagnia che negli anni quaranta era costituita dai massimi esperti di vino al mondo e vogliono perpetuare tale impronta. Ma attenzione non dobbiamo vederli come una casta. È solo un gruppo di persone che vogliono condividere un certo tipo di approccio. Non è un'associazione di poeti”.
Ci dica di più sul criterio di formazione.
“Intanto ti danno tutti gli strumenti per consentirti un'adeguata preparazione. Il loro atteggiamento è chiaro e onesto, nulla vogliono fare per escluderti, non è come diventare da noi notaio o magistrato. Ti mettono in una condizione mentale per cui ritieni alla fine giusto che se non sei all'altezza non significa che perdi tempo. Diciamo che solo il cinque per cento di chi si prepara per l'esame poi riesce. Ma dipende tutto da te, da quanto ti sei preparato con metodo”.
E quanto tempo lei dedica a questa preparazione?
“Basta un'ora al giorno per approfondire i materiali che danno. Ma il vero studio consiste nell'apprendere e conoscere quanto più possibile con l'esperienza diretta, degustando, frequentando i loro seminari. Imparando dai tuoi compagni che per loro è la prima fonte di studio. Ci insegnano che le relazioni con gli altri sono il patrimonio più prezioso. Io poi sfrutto il mio lavoro da giornalista, apprendo mentre lavoro”.
Come è il rapporto con i suoi compagni?
“Si fanno conoscenze che diventano amicizia. Ci sosteniamo a vicenda anche perché arrivano quei momenti in cui pensi non c'è la faccio, mollo tutto, capita quando sbagli le degustazioni per esempio. Ci confrontiamo costantemente via WhatsApp, via Skype con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. I compagni sono una fonte di arricchimento, perché ognuno mette a disposizione degli altri il proprio bagaglio di conoscenza sul vino e sul proprio Paese”.
Come si struttura la preparazione?
“In una parte pratica che prevede l'acquisizione della loro metodologia di degustazione e in una teorica articolata in tre macro tematiche, la viticoltura, l'enologia e il Wine business, diciamo che ti chiedono di sapere tutto dal sistema di potatura alle caratteristiche e ai dati di mercato”.
Ci spieghi l'approccio al vino del Master of Wine.
“Intanto a loro non interessa che si indovini un vino, quello è solo un punto di arrivo, ma come lo si comprende e come si arriva a comprenderlo. Loro usano dire: degusta come un detective e argomenta come un avvocato. Nel vino vanno colti diversi elementi, che chiamano evidence in the glass. Sono indizi e in base a questi bisogna fare un ragionamento sul vino che stai degustando sapendolo ben argomentare, prendendo in considerazione tutto, dal corredo aromatico, al tipo di suolo, allo stile, alle potenzialità di mercato. Un approccio globale”.
Che vini bevete nelle degustazioni?
“Di tutto, vini di tutto il mondo e ogni tipologia, dal Bordeaux di 100 euro al Sangiovese di 12 euro”.
Quando è l'esame per il diploma?
“Il prossimo anno”.
M.L.