Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Quel Sauvignon nato dall’orgoglio contadino

22 Novembre 2012
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Ornella Venica è stata convocata a Taormina, per  fornire una “lectio magistralis” atta a far capire semanticamente il Sauvignon del Collio.

 “Un invito a nozze – ha così esordito – Pochi vini come il Sauvignon del Collio, riescono a parlar bene del proprio territorio. Impossibile non accettare un invito, per un evento il cui titolo “Il Territorio prima di Tutto”, un principio che per noi dei Venica&Venica (di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia)  è uno dei pilastri della nostra filosofia”.

 Il Sauvignon portato in degustazione, è il  “Ronco delle Mele”. Ha una storia lunga quattro generazioni. Nonno Daniele scrive l’incipit, siamo alla negli’ anni ’30. Traccia “un solco umano”, dove scorre un racconto  di quattro generazioni. Si fa sentinella del Collio, nonno Daniele,  terra di confine e  di migrazione, eroe chi rimaneva a investire il sudore del proprio lavoro assieme ai piccoli risparmi. Lui, uno di questi. Qui è eroe chi manifesta l’orgoglio dell’anima contadina. Accumula un  patrimonio di 37 ettari di vigneto. Esce indenne dal conflitto mondiale  e nei primi anni ’50 cede il testimone ad Adelchi, figlio della guerra, con tanta voglia di riscattarsi, di scrivere una rinascita. Tanto lavoro e alta produzione; al contrario dei dogmi moderni, voleva dire qualità, un valore, l’orma di un risorgimento, di un riscatto, di un ritorno alla normalità con la pace ristabilita.


Dimitri Lisciandrello e Ornella Venica

Adelchi per due-tre lustri  assolve bene la missione: valorizzare il territorio. Poi la sua vocazione si fa incontenibile, cede e si dedica tout court  alle campagne. “La cantina non era nelle sue corde – racconta Ornella, “C’è Gianni, suo figlio, che diventerà mio marito,  è cresciuto e ha in tasca un bel diploma di enotecnico. ”Tu a’ studià”, gli dice, in friulano, il papà. Sai come si fa il vino e io ti affido la direzione enologica. Gianni si  rimbocca le maniche e spalanca le porte all’enologia moderna. Basta vino sfuso, via le damigiane, “adesso s’imbottiglia!” il suo imperativo”. Sente la “primavera del Collio friulano”. Un cambiamento copernicano. Classico esempio di un contadino che si fa imprenditore. Siamo nel ’77 la ditta “Adelchi Venica” cambia pelle e anima,  nasce la “Venica&Venica”. Vestono la bottiglia di un bella etichetta, ha un bel nome, e indica un territorio, ben scritto in grande. Bisogna però eliminare le grandi botti e vinificare in bianco e solo in acciaio,  secondo i protocolli che già osservavano le grandi cantine del luogo quelle di Schiopetto e di Piumatti, un punto di riferimento.


Ornella Venica in un momento della degustazione

Oggi tappano 270mila bottiglie spalmate su diciotto etichette, undici bianchi e sette rossi di cui due parlano calabrese.  Per loro, a Taormina, ha parlato  il più noto e celebrato della casa: il Sauvignon Doc “Ronco delle Mele”. Il nome ha un suo fascino e spesso genera una illusoria suggestione di una nuance di  mela che non c’è. Ma c’è molto d’altro. Lo si è scoperto attraverso cinque annate: 1997; 2003; 2005; 2009; 2011. A raccontarle, la passione di Ornella Venica.

1997. Morbidezza e acidità perfettamente fuse. Un ventaglio aromatico a largo spettro, si sentono banana, pesca bianca, pera Williams. Lungo e soprattutto molto grasso. Soavità che certifica una viticoltura meticolosa ed un’enologia di grande rispetto.

2003 annus terribilis. Tutti ricordiamo quell’estate rovente che investi l’Italia tutta. Racconta bene l’annata il vino. Chi  è fedele nel riferire l’annata, rientra sempre nel tempio dei grandi vini. Il 2003 è uno di questi e conserva la sua natura di una tonalità vegetale ma il fruttato vira verso la confettura. Col risultato finale di una scialle di sensazioni che lo rendono, nonostante l’annata, uno dei migliori degustati.

2005 A differenza del precedente qui le uve hanno sofferto la scarsezza delle radiazioni solari. A tutto vantaggio dell’acidità, quasi esplosiva che non invade il ventaglio olfattivo caratterizzato da una dolcezza tra frutto e fiore. E nel finale riesce persino ad accarezzarti il palato senza lasciare alcun velo di amarezza.

2009 Scorre con il suo tatto perché qui l’alcol è maestro. Ha molta polpa e chiara con sentori di pesca  e nuance di gelsomino al naso anche se a predominare sono le classiche nuance vegetali ed erbacee del sauvignon. Non c’è traccia di legno nonostante che da quest’annata una parte (20%) viene fermentata e/o affinata in botti grandi da 27 hl di rovere di Slavonia.

2011 Vino giovanissimo con tutte le sue virtù  e difetti dell’adolescenza. E’ fresco in bocca ma già avvolgente al naso e dall’evoluzione imprevedibile anche se chiara squittisce  la sua predisposizione a diventare un vino di grande stoffa. Un vero Sauvignon del Collio. Che già manifesta la sua missione tutta votata a evangelizzare  “Il Territorio, prima di Tutto”. Il Collio, ovviamente. Perfetta conclusione!

Stefano Gurrera