COSA LEGGO
L’Italia del vino secondo Soldati
Novellista, romanziere, poeta, sceneggiatore, regista, critico d’arte. E altro ancora. Di Mario Soldati si può non finire mai di parlare talmente variegato fu lo spettro dei suoi interessi e grande e variopinto il suo talento. Qualità che ne hanno fatto uno dei personaggi più interessanti della letteratura italiana del Novecento, nonostante la critica “colta” storcesse il naso di fronte a questo piemontese (nacque a Torino nel 1906) pieno di vita e dotato di una versatilità fuori dall’ordinario. Fa parte di quella cerchia di scrittori per i quali narrare è naturale come respirare, bere, mangiare. Soldati riuscì come pochi altri a trasferire sulla pagina volti, ambienti, paesaggi e situazioni di un’Italia, del secolo scorso, che egli seppe cogliere nelle varie fasi della sua evoluzione.E si inserisce in quella sua inesausta voglia di conoscenza l’esperienza che da grande buongustaio Soldati decise di intraprendere dal 1968 al 1975. Un viaggio in lungo e in largo per la Penisola che si trasformerà in un grande e delizioso repertorio enologico ripubblicato da Mondadori (Vino al vino, pp. 744, 15,80 euro). Che non è solo – si badi – un elenco di etichette e relativa descrizione del prodotto. Naturalmente queste “cronache” uscendo dalla penna di un artista assumono anche un valore letterario, e il vino diventa (in vaste parti dell’opera) il pretesto per raccontare l’Italia “fermata” nel momento della sua trasformazione, irrimediabile e irredimibile a volte. Così Soldati diventa una specie di Noè che nella sua Arca di parole riesce a salvare tracce e testimonianze di una vita sul sentiero della scomparsa. È un libro che affronta problemi ecologici e sociali, soddisfa mille curiosità, parla di paesaggi, di uomini, di case e di cose, incontrati e descritti nel corso dell’itinerario che è come un laico pellegrinaggio alla ricerca di una civiltà legata alla terra, al clima e che nel vino ha uno dei suoi prodotti più diffusi e rappresentativi.
Il viaggio di Soldati comincia proprio in Sicilia “Nelle province di Catania, Siracusa, Palermo”. Dove, racconta, atterra e dall’oblò dell’aereo scorge l’Etna in fiamme. E quando si sposta a Palermo approda nella tenuta Regaleali, accolto da “un gentiluomo gattopardesco: Giuseppe Mastrogiovanni Tasca, Conte d’Almerita”. E racconta di una partita a scopone, padani-siciliani, vinta da quest’ultimi nel “paese più bello del mondo a patto di essere baroni”. In quell’occasione c’era anche il figlio del conte. Ecco il ritratto che ci tramanda Soldati: “Si chiama come il nonno: Don Lucio. E’ un giovane di ventotto anni: bruno, magro, alto, occhi fiammeggianti, denti bianchissimi: molto somigliante, sebbene infinitamente più racé, a Warren Beatty, il protagonista del fortunato Gangster story”. Siamo all’autunno del ’68. Il viaggio dello scrittore, con baffi e sigaro piantato perennemente in bocca, si concluderà nell’autunno del 1975 “nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria”.
Giancarlo Macaluso