Parliamo di Nero d'Avola. Ma per dire cosa che i nostri colti lettori non sappiano già?
Per non annoiarli, a quei due o tre che ne sanno ben poco suggeriamo di editarlo su Google e farsene dottrina. Facciamo solo poche private considerazioni che, volendo, potrete saltare a piè pari.
Di Nero d'Avola esistono un centinaio di cloni, con piccole ma non trascurabili diversità, poi c'è, anzi poi ci sono: quelli nati nella Sicilia sud-orientale, che molti dicono sia la parte più vocata al vitigno autoctono siciliano per antonomasia essendone la culla; quelli nel trapanese, nell'agrigentino, insomma un po’ dovunque nell'Isola e non solo, perché ne troviamo pugliesi, calabresi e grazie alla globalizzazione addirittura australiani.
Così si scopre che chiunque lo produca lo ritenga espressione del proprio territorio (questa parola è sicuramente la più utilizzata e anche abusata dell'attuale mondo del vino); forse è vero, forse no.
Secondo il nostro modestissimo pensiero ci sono terreni e condizioni pedoclimatiche adatte ai Nero d'Avola, cure in vigneto, attente metodologie di vinificazione, per cui il vitigno, che di suo le potenzialità le possiede, permetta di realizzare ottimi vini.
Tra le centinaia di etichette, sceglierne una, addirittura la prima di questa rubrica, sarebbe stata una bella responsabilità, per cui, con poco coraggio, ci siamo affidati alla sorte and the winner is:
Cadetto Rosso Nero d'Avola Igt 2010 di Tenuta La Lumia.
Il barone Nicolò possiede 150 ha di terreni gessosi-solfiferi nell'agro di Licata, non lontano dal mare, e ne dedica 20 per il nostro vitigno. Il marchio comprende ben 7 etichette di NdA in purezza ed il Cadetto costituisce la linea entry level. Con le direttive del figlio Salvatore, enologo laureato a Pisa, si ricava da vitigni impiantati nel '96, uve raccolte nei primi di settembre, pigiodiraspate, innestate da lieviti selezionati e macerate per sette giorni. Tutto il processo è in acciaio e dopo cinque mesi avviene l'imbottigliamento. Ne viene fuori un vino da 14° non da invecchiamento che dà il meglio di sé entro i tre anni.
Il colore è carico, tra rubino e granato.
Al naso i primi sentori sono di confettura fresca, amarene e ciliege, e man mano che si ossigena vengono fuori i piccoli frutti rossi, la liquirizia, la frutta secca, qualcosa di resinoso e un pizzico di tabacco. L'intensità non è grande ma la sensazione è di piacevolezza.
Al palato entrano immediatamente i tannini, già abbastanza addolciti, poi una discreta acidità ed un'evoluzione che lo ammorbidisce e fa spuntare i frutti rossi. Non di grande struttura, comunque discretamente pieno. Il retrogusto abbastanza lungo con residui piacevoli di fruttato.
Lo abbiniamo ad una morbida frittata con cipolle o una semplice bistecca alla griglia.
Sono 40.000 bottiglie che trovate a 9 euro, ma per scelta aziendale non nella grande distribuzione.
Tenuta Barone La Lumia |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |