Vinitaly in versione ridotta e con un solo giorno dedicato al pubblico.
Da domenica a mercoledì, nessun fine settimana vicino e solo quattro nell’ultima settimana di marzo: cambiamenti di date, tempi e giorni che si vocifera siano stati dovuti alla crisi, non del settore, ma dell’economia in generale.
Intanto, qualsiasi sia stata la motivazione, è stata una scelta azzeccata, almeno secondo i produttori siciliani, che dopo un primo momento di titubanza, passati i primi giorni hanno accolto con il sorriso la novità.
“Meglio questa nuova edizione – dice Margherita Blanco, moglie di Massimo Padova di Riofavara – gli altri anni ci sono stati giorni che siamo stati letteralmente invasi dal pubblico, e rischiavamo di trascurare gli operatori. Inoltre meglio la partenza di domenica, nei giorni lavorativi, già abbiamo avuto tanti incontri importanti”.
Della stessa idea è Marci Calcaterra dell’azienda Avide: “In questo modo siamo meno stressati, abbiamo più tempo per i buyer e per gli operatori”. Brutta esperienza, invece, domenica per Morgante “Sta andando, anche bene rispetto agli altri anni – dice Carmelo Morgante, che poi racconta – anche se domenica durante l’allestimento abbiamo avuto una spiacevole sorpresa, infatti, ci hanno rubato due scatole di vino – e poi sottolinea- ci vorrebbe più selezione e controllo sul pubblico”.
E’ stata una formula azzeccata per Alfredo Quignones dell’omonima azienda : “C’è un’atmosfera diversa e sono più soddisfatto. Lunedì tanti operatori e speriamo che continui così”.
Mentre propone di chiudere le porte al pubblico e riservare la fiera solo agli operatori del settore Nancy Astone di Cambria: “Siamo meno stanchi, ma domenica è stato terribile. Si deve puntare di più sulla qualità che sulla quantità, quindi se fosse un evento esclusivo per gli operatori sarebbe meglio – poi aggiunge- per presentare i propri vini al pubblico l’azienda organizza eventi autonomamente”.
Flora Gaio di Gaio ribadisce: “Ci vuole più selezione. Abbiamo ricevuto tanti operatori e siamo riusciti a riservare l’attenzione dovuta alla gente che meritava”.
Invece, per Alessandro Parisi di Orestiadi Vini bisogna puntare sulla cultura del bere: “la fiera deve rimanere aperta al pubblico, solo loro che ci scelgono, ma bisogna cominciare a diffondere anche una cultura del bere e del vino. Si parla tanto di territorio e poco di cultura”.
E dulcis in fundo. Bruno Alvisini, delle cantine Fazio conclude: “C’è stato un importante afflusso di operatori, anche dal mercato estero, attenti e qualificati e questo è il segnale del successo della manifestazione. – continua – non sono d’accordo nel chiudere l’accesso ma si dovrebbe lavorare di più sui controlli, monitorare il flusso e selezionare”.
Aurora Pullara