IL PRODOTTO
Iniziata la raccolta destinata alla produzione dell’”oro verde” di Sicilia. I metodi più diffusi sono ancora oggi la brucatura, la scuotitura, la bacchiatura e la cascola naturale
Il tempo delle olive
In questo periodo gli oliveti brulicano di contadini intenti nella raccolta delle olive. Usi e tradizioni di campagna che affondano le loro radici nella storia del territorio. Una poesia per gli occhi e per il palato che nasce in Sicilia ai tempi dei greci e che fanno dell’Isola ancora oggi la terza regione italiana nella produzione oliandola.
Callimaco, il grande poeta greco, racconta che la disputa fra il dio delle acque Poseidone e Atena per il dominio dell’Attica, fu vinta dalla dea proprio per aver creato l’olivo. Questo albero, che per la Sicilia è stato nel corso della storia molto di più che una fonte di reddito e nutrimento, rappresenta sotto diversi aspetti l’oro verde della nostra Isola. La Sicilia è stata storicamente la prima regione italiana in cui si è diffusa in modo capillare la coltivazione dell’olivo ad opera dei fenici e dei greci. Greci, romani e poi anche gli spagnoli videro – non a torto – proprio nella Sicilia il luogo ideale di coltivazione e sviluppo di questa pianta miracolosa.
Dell’olio di oliva d’altronde erano già noti fin dall’antichità i tantissimi pregi nutrizionali e le qualità medicamentose e oggi tutti i medici come già Ippocrate nei suoi scritti consigliano l’uso dell’olio come rimedio per molte malattie e nella prevenzione delle patologie cardiovascolari e neoplastiche. Tutte le dominazioni che si sono avvicendate in Sicilia hanno lasciato tracce anche nella tradizioni e negli usi di coltivazione e negli impianti dell’olivo. I segni di un passato che nel corso degli anni ha conosciuto il moltiplicarsi di un infinità varietà di cultivar, di un enorme patrimonio cioè di differenti tipi di olive che ha reso la geografia di coltivazione oliandola dell’Isola una delle più feconde e variegate al mondo. Tantissimi ed evocativi i nomi delle tante coltivazioni: Biancolilla, la Nocellara del Belice, la Tonda Iblea, la “Rizza” della zona di Caltavuturo, Polizzi Generosa e delle Madonie, la Minuta, la Nerba, la Verdello, la Passulunara e la Zaituna per citarne solo alcune. E poi la Prunara, la Morgatana e la Mantonica, e l’elenco sarebbe ancora lungo. Sono infatti almeno sedici le varietà presenti e coltivate nell’Isola, più altre trenta meno note e ritenute dal punto di vista agronomico praticamente marginali.
La superficie olivetata copre in Sicilia oltre 170 mila ettari di terreno che rappresentano il 14 per cento del totale nazionale, percentuale che fa della Sicilia la terza regione italiana per produzione oliandola dopo Calabria e Puglia.
A Caltavuturo, a Polizza Generosa, nelle Petralie e in tutti i comuni del comprensorio madonita proprio in questi giorni è facile vedere nelle campagne contadini intenti nella bacchiatura delle olive. La raccolta, d’altronde, influisce sulla qualità del prodotto quanto la trasformazione in olio nel frantoio. Girare per oliveti in questo periodo è una vera e propria poesia per gli occhi: campagne e terreni che brulicano di persone occupate nella raccolta dei piccoli e preziosi tesori verdi. I metodi di raccolta più diffusi sono ancora oggi la brucatura, la scuotitura, la bacchiatura e la cascola naturale. Il metodo più diffuso in Sicilia, secondo antiche tradizioni, consiste nel battere i rami dell’albero e nel raccogliere le olive ponendo sotto le fronde immense reti che abbracciano letteralmente i piccoli frutti. A Palermo la superficie coltivata ad olivi nell’intera provincia è pari a 23.822 ettari e proprio nelle Madonie viene coltivata l’oliva detta “Rizza”. Le mani sapienti dei contadini battono i rami, oggi con un asta “elettrica” la cui estremità agita e sbatte i rami, una volta con dei semplici bastoni di legno. Poi le olive vengono molite entro 24 ore secondo antichi principi di lavorazione, che mantengono integre tutte le qualità organolettiche. Sapori antichi che raccontano, una volta imbottigliati, la storia del territorio. Sentori di erba appena raccolta, di pomodori verdi, toni fruttati, amari o piccanti ne esistono così tante declinazioni per accontentare ogni palato.
I grandi scrittori e poeti siciliani, da Pirandello a Bufalino, Verga e Buttita hanno cantato con grande passione i colori e le forme dell’ulivo e i Siciliani tutti usano dire “Cca na nfurnàta ri pàni e nù mpùgnari r’alivi, pari ca u mùnnu nun si po’ ffiniri”, come per dire che anche solo con un po’ di pane e con qualche oliva tutto fila liscio… come l’olio.
Junio Tumbarello