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“La Sicilia che piace”: al Vinitaly cinque storie di imprenditori che hanno scommesso sulla Trinacria

06 Aprile 2025
Un momento del talk Un momento del talk "La Sicilia che piace"

La Sicilia come una calamita. Le sabbie nere e le terre vulcaniche sembrano esercitare un’irresistibile forza di attrazione sui giovani talenti mercuriali dell’imprenditoria italiana. Sono stati chiamati a raccolta dai giornalisti Mario Barresi de La Sicilia e Fabrizio Carrera di Cronache di Gusto durante uno stimolante incontro a Vinitaly, intitolato “La Sicilia che piace”. Hanno concertato la narrazione a cinque voci di altrettante passioni che convergono sulla Trinacria: cambiamenti di residenza, ma anche svolte di vita e di professione. Di fatto gli ultimi anni sono stati una sequenza di valigie appoggiate e sogni planati per terra, intorno al cratere dell’Etna e non solo. La scommessa è doppia: si tratta di puntare sulla Sicilia e sul vino in un momento non facile, in controtendenza sulle paure montanti e lontano dai centri finanziari.

Nipote di Paolo Marzotto, Grégoire Desforges pochi mesi fa ha rilevato dalla holding di famiglia l’azienda Baglio di Pianetto fondata dal nonno alla fine degli anni ‘90 a Santa Cristina Gela, piccolo comune alle porte di Palermo, nell’enclave linguistica di Piana degli Albanesi, dove ha deciso di trasferirsi lasciando Milano e Parigi. “La mia è stata una scelta di cuore, ho tanti ricordi che mi legano ai luoghi e l’agronomo mi ha visto crescere. È anche la sfida di concludere l’opera interrotta da mio nonno per motivi di salute. Per non parlare della qualità della vita e della bellezza di un anfiteatro naturale, da cui posso facilmente spostarmi ovunque. Da francese consiglio agli imprenditori di scendere in Sicilia, terra dal potenziale unico, sfruttando gli incentivi che aiutano a farla fiorire meglio”.

Suo padre è il fondatore di Eataly, ma Andrea Farinetti è fin dagli studi un vignaiolo, le cui cantine sono oggi sparse fra la Lombardia, il Veneto, il Friuli e la Toscana. In Sicilia ha fondato Carranco, azienda da 5 ettari sull’Etna. “Ho conosciuto la Sicilia da turista e ricordo che sono arrivato subito da Frank Cornelissen. L’Etna per me è stato una folgorazione. Ma sono passati cinque o sei anni prima che ritornassi. Da vignaiolo sui dazi non so rispondere. Ma credo che il mondo dovrebbe essere globalizzato. Essendo nato nel ‘90, è una politica per me incomprensibile, ma possono esserci problemi peggiori, dal prezzo dell’energia alla guerra”.

Arriva invece dalla moda Amedeo Moretti, figlio di Antonio, che da alcuni anni ha scommesso sul vino, prima nelle zone top della sua Toscana, poi in Sicilia con due acquisizioni importanti, Feudo Maccari e Anima Etnea. “Perché la Sicilia? Perché è una terra di eccellenza e soprattutto identità. Sono vini inconfondibili, tanto il Nero d’Avola che l’Etna. Mio padre la definisce l’orto d’Italia e visitando i suoi giacimenti gastronomici, se ne è innamorato. Noi abbiamo il 20% del fatturato legato all’America, ma il problema è che si può fare ben poco, a parte attendere e vedere cosa deciderà la politica. Nel frattempo non dormiamo sonni tranquilli. In Sicilia sono tanti gli imprenditori come noi che hanno investito con il sostegno delle amministrazioni pubbliche, nonostante l’immaginario in passato non fosse dei più rosei. Oggi è tutto diverso”.

Il core business della famiglia Scudieri è l’automotive, da qualche tempo tuttavia la scelta è stata quella di diversificare sul vino e sull’agroalimentare, acquisendo anche la cantina Abraxas a Pantelleria, uno dei luoghi più eroici dove fare vino in Italia. “I miei nonni hanno sempre avuto tenute agricole dove passavamo le vacanze, con l’idea di salvare i saperi artigianali – ricorda Achille Scudieri – Quando abbiamo deciso di riprendere quel fil rouge, Pantelleria ci ha stregato. Si tratta di una grande cantina da 60 ettari, in altitudine e comprensiva di vitigni rossi, dove curiamo ogni fase della produzione. In Sicilia continuo a trascorrere la maggior parte delle mie vacanze, si mangia bene e si beve meglio. Da napoletani ci siamo adattati benissimo a questa terra magica”.

È infine intervenuto Federico Veronesi, proprietario della catena di enoteche SignorVino & Oniwines e di prestigiose cantine come Bucci, figlio del patron di Intimissimi e di Falconeri, sbarcato in Sicilia con partnership volte a commercializzare alcune etichette col proprio brand, senza escludere altre mosse. “Io non ho ancora investito sul vino in Sicilia, ma la considero un territorio straordinario dove il vino sta crescendo tanto, anche nella cultura diffusa. È stato fatto un grande lavoro, ma il potenziale resta alto. Al momento siamo solo acquirenti, anche se etichettiamo vini siciliani. Pur producendo in cinque cantine di proprietà, non siamo troppo esposti sul mercato statunitense. Anzi potremmo avere qualche vantaggio negli acquisti all’estero.

La conclusione è stata riservata alle autorità, cominciando dall’assessore regionale all’agricoltura Salvatore Barbagallo: “Ho sentito molta effervescenza fin dalla prima ora nel padiglione Sicilia. Sono certo che le imprese sapranno reagire alle sfide di questo momento, sempre col sostegno delle istituzioni. Dobbiamo essere ottimisti”. Anche Fabio Bellomo, direttore generale alla regione Sicilia, ha invitato a sdrammatizzare. “È ancora presto per misurare i danni, ma alla fine questi dazi saranno un gioco a somma zero. Quindi tanto vale aggredire nuovi mercati”.