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Vino e dintorni

Giampaolo Tabarrini svela il suo nuovo metodo di vinificazione: “Il mio vino si fa da solo”

06 Aprile 2025
Giampaolo Tabarrini Giampaolo Tabarrini

Tra le circa 130 etichette e produttori presenti a OperaWine, c’è chi non si limita a presentare un vino, ma un’idea che potrebbe cambiare il modo di produrlo. Giampaolo Tabarrini, patron dell’azienda umbra Tabarrini, nota per i suoi Sagrantino di Montefalco, ha ottenuto un brevetto europeo per un metodo di vinificazione innovativo, e sta lavorando per estenderlo anche agli Stati Uniti.

Un’idea semplice ma rivoluzionaria: “Meno lo tocchi, meglio è”
“Un produttore di vino è come un cuoco: è la sensibilità del palato e della mano che fanno la differenza – racconta Tabarrini – Ma noi abbiamo pensato: e se invece di rimontaggi, follature, rotativi o delestage – tutti metodi che richiedono di gestire le bucce in immersione – potessimo semplicemente lasciare che il vino si facesse da solo”? E così è nato il nuovo sistema brevettato: “Butti le uve nella vasca, sia diraspate che no, acini scoppiati o interi, chiudi il coperchio e non fai più niente”. Un sogno per ogni enologo, che elimina pigiatura e manipolazioni aggressive.

Fermentazione spontanea, senza pigiatura, per 10 mesi
Quando gli chiediamo se assomigli a una macerazione carbonica, Tabarrini sorride: “Se vuoi, sì. Se non rompi gli acini, puoi ottenere una fermentazione carbonica. Ma il nostro metodo è diverso: è una fermentazione spontanea, senza lieviti aggiunti, che dura almeno 10 mesi sulle bucce”. E la pigiatura? “Praticamente non c’è – spiega – Mio nonno diceva sempre: “Al vino, meno gli rompi le scatole e meglio è”. Noi abbiamo preso questa filosofia e l’abbiamo trasformata in scienza”. Il vino ottenuto con questa tecnica matura un anno in botti grandi e vecchie, ma Tabarrini tiene a precisare: “Il nostro stile non predilige i toni terziari marcati. Vogliamo rispettare il frutto e la freschezza”.

7 anni di studi e burocrazia per un brevetto “d’idea”
Brevettare un’idea non è semplice: “Abbiamo impiegato 7 anni, di cui 4 solo per gli studi con l’università, confrontando il metodo tradizionale con quello innovativo, sia in laboratorio che in degustazione – racconta – Il brevetto non copre una procedura industriale, ma proprio il concetto alla base, e per questo serviva una validazione scientifica riconosciuta”. Ora il brevetto è europeo e nazionale, ma manca ancora l’approvazione negli Stati Uniti,  dove Tabarrini sta lavorando per completare l’iter.  E alla fine, com’è questo vino rivoluzionario? “Giudicato strutturato, fresco, con tannini potenti ma vellutati – risponde – Una dimostrazione che, a volte, il futuro del vino non sta nell’aggiungere tecnologia, ma nel tornare a lasciarlo vivere, con meno interventi e più rispetto per la natura.