Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

I dazi di Trump e le reazioni del mondo del vino italiano

03 Aprile 2025
New York - ph Foto David Vives da Pixabay New York - ph Foto David Vives da Pixabay

La premier Giorgia Meloni predica “calma”. Anzi, come ha detto lei, “attesa”. Verso cosa non si sa bene. Perché “l’onda Trump” si è abbattuta su tutto il mondo con l’annuncio ieri dalla Casa Bianca dell’avvio dei dazi. Che colpiscono tutti con percentuali diverse. La Meloni si è affrettata ad uscire con un post su Facebook, ammettendo che i dazi rischiano di dare “risvolti pesanti”. E se non arriva a definire la scelta dell’amministrazione americana un “errore profondo” come fa in modo limpido il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ammette che “se servirà” bisognerà difendere gli interessi nazionali, ed europei, immaginando “risposte adeguate”. La presidente del Consiglio parla quando negli States è ancora mattina. “Resto convinta che si debba lavorare per scongiurare in tutti i modi possibili una guerra commerciale che non avvantaggerebbe nessuno né Stati Uniti né Europa”, scandisce la Meloni mentre dal Colle filtra il pensiero del Capo dello Stato. Rivolto al presidente estone Alar Karis, Mattarella ribadisce una posizione già assunta in passato e invita l’Europa a dare una risposta “compatta, serena e determinata”. Sui dazi bisogna avere “un approccio pragmatico e dialogante ma con la schiena dritta”, sottolinea il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sarà a Bruxelles dove avrà, tra l’altro, “un ulteriore incontro con il commissario al Commercio Sefcovic”. Il leader di Fi sposa in toto la linea della “saggezza” del Quirinale che, sottolinea, è la stessa del governo. Non bisogna “reagire di pancia ai dazi”, anche se è chiaro che “se non si riesce con il dialogo a ottenere una situazione diversa, è ovvio che in tempi brevi ci sarà una reazione europea”. Aggiunge il ministro all’agricoltura Francesco Lollobrigida: “Da Paese esportatore i dazi ci preoccupano, il 20% è un dato importante ma aspettiamo di capire esattamente quali saranno gli effetti delle scelte dell’amministrazione americana”.

Per il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti: “Rispetto ai partner europei, l’Italia presenta due principali fattori di rischio: da una parte la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna. Dall’altra, una lista di prodotti più sensibili su questo mercato, sia in termini di esposizione, che di prezzo medio a scaffale: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro”.

“La decisione di applicare dazi alle esportazioni europee negli Stati Uniti rappresenta un danno gravissimo per il nostro settore e un attacco diretto al libero mercato. Ci siamo già passati, e sappiamo bene quanto possa costare: in passato queste misure ci hanno portato a perdere fino al 50% delle esportazioni verso gli USA. Ora rischiamo di rivivere quel trauma economico, con ripercussioni pesantissime su tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, fino al consumatore finale. Serve ora più che mai compattezza e determinazione da parte delle nostre istituzioni per contenere gli effetti devastanti di queste misure inutilmente protezionistiche e antistoriche”, ha dichiarato la Presidente di Federvini, Micaela Pallini.

Mentre Coldiretti, sciorina le cifre: i dazi porteranno a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani, “con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’italian sounding”. Al calo delle vendite va poi aggiunto il danno in termini di deprezzamento delle produzioni, da calcolare filiera per filiera, legato all’eccesso di offerta senza sbocchi in altri mercati. Preoccupato per le imprese anche Raffaele Drei, presidente di Confcooperative Fedagripesca: “C’è l’assoluta urgenza di concentrarsi sulle difficoltà delle aziende, per le quali andranno subito pensate e predisposte misure a difesa della loro competitività”. E aggiunge: “La situazione geopolitica internazionale che si è venuta a creare apre un reale problema di competitività che coinvolge secondo Drei “tutte le aziende del comparto, non solo chi esporta negli Stati Uniti, perché l’effetto depressivo coinvolgerà l’intero mercato”. Drei ha le idee chiare su come aiutare le imprese: “In primo luogo – spiega – per quanto riguarda il settore vino occorre destinare maggiori risorse per la promozione, se davvero vogliamo aiutare le aziende ad acquisire nuovi mercati. Andrà fatto inoltre un grande lavoro di sburocratizzazione nelle procedure per l’accesso ai bandi. All’Europa chiediamo misure per la promozione più snelle e in generale risposte più efficaci rispetto al passato perché quelle attuali risultano un po’ timide rispetto all’urgenza di aggredire nuovi mercati. Mentre sul piano nazionale, l’auspicio è che non si finisca per assumere provvedimenti che mirino alla riduzione del potenziale produttivo per tutelare il patrimonio vitivinicolo italiano. Produrre di meno non può essere la soluzione per essere più competitivi sui mercati e non dobbiamo farlo”.

“L’annuncio dei dazi americani andrà inevitabilmente a colpire duramente anche la nostra denominazione, che vede negli Stati Uniti il suo principale mercato di sbocco dove destiniamo oltre il 30% delle nostre esportazioni – dice Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino – Queste tariffe di fatto riguardano tutte le principali economie del mondo che alimentano una guerra commerciale dove ne usciremo tutti sconfitti e più poveri. Queste misure avranno un effetto ad ampio spettro dove non solo il vino rischia di diventare un bene voluttuario sempre più inaccessibile per i consumatori ma allo stesso tempo andranno a colpire settori cruciali anche per la nostra economia locale come l’enoturismo”.

“Confidiamo nella diplomazia italiana ed europea affinché questa scelta dell’Amministrazione Trump sia rivista quanto prima – conclude Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – Adesso noi produttori dovremo lavorare per condividere questo gravoso impegno economico con il trade statunitense che riteniamo sia altrettanto colpito da questa imposizione tariffaria. Lavoreremo insieme convinti che il consumatore americano che da sempre ama e consuma Chianti Classico resterà fedele ai vini di qualità, al Gallo Nero, al nostro territorio che si rispecchia in ogni nostra bottiglia”.

“La decisione di imporre dazi sui vini italiani rappresenta un elemento di forte preoccupazione per un settore che ha sempre fatto della qualità e dell’export uno dei suoi principali punti di forza – dice Camillo Pugliesi, Direttore del Consorzio Vini Doc Sicilia – Queste misure non solo creeranno difficoltà ai produttori, ma penalizzeranno in modo significativo anche i consumatori americani, che vedranno ridotta la possibilità di accedere a prodotti d’eccellenza a condizioni competitive. Il rischio è quello di limitare la scelta per il pubblico statunitense, privandolo di vini apprezzati per la loro qualità e autenticità. Dal canto suo, il Consorzio continuerà, per quanto possibile, a mantenere aperto il dialogo con gli Stati Uniti”.

“Sicuramente l’introduzione dei nuovi dazi sulle importazioni di vino negli Stati Uniti ci costringono a riflessioni importanti anche se non siamo particolarmente preoccupati – dice Vitaliano Maccario del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – Grazie al loro prezzo competitivo, i vini delle denominazioni tutelati dal nostro Consorzio, in particolare la Barbera, prevediamo non subiranno flessioni significative nelle vendite, poiché l’incidenza del rincaro sarà minima e confidiamo possa esser facilmente assorbibile dal mercato. Riteniamo, inoltre, che sia fondamentale continuare a investire sulla collaborazione con i principali player del mercato statunitense. In quest’ottima abbiamo siglato un importante accordo con il Monopolio della Pennsylvania che si concretizzerà in una serie di azioni, prima fra tutte il tour che si sta svolgendo in questi giorni nel nostro territorio. Un’occasione unica per i nostri produttori”.

“L’introduzione di dazi sulle esportazioni vinicole rappresenta una sfida significativa per il settore, incidendo sulla competitività delle nostre aziende e limitando l’accesso ai mercati internazionali – aggiunge Giovanni Dubini, Presidente dell’associazione MTV Umbria – L’Umbria, con le sue cantine storiche e i suoi vitigni autoctoni, deve continuare a puntare sull’enoturismo come motore di crescita economica e promozione del territorio. Le politiche commerciali restrittive non devono scoraggiare i produttori, ma piuttosto spingerci a investire ancora di più nell’accoglienza, nell’esperienzialità e nella valorizzazione delle nostre eccellenze locali”.

“Ora abbiamo un quadro più chiaro: sappiamo che il dazio sarà del 20%. Certo, è una notizia che avrà un impatto negativo, ma almeno l’incertezza che aveva bloccato il mercato nei mesi scorsi è stata superata – prosegue Massimo Sepiacci, Presidente UmbriaTop, la cooperativa delle cantine umbre – L’effetto più immediato sarà dunque una riduzione dei volumi importati, con un impatto diretto sulle nostre esportazioni in particolar modo per i vini di media fascia ed entry level. Per il comparto vinicolo umbro, questo significa la necessità di adottare strategie mirate per limitare le perdite, diversificando le destinazioni e valorizzando ancora di più la qualità e l’unicità dei nostri vini”.

Non sembra preoccupato l’imprenditore Edoardo Freddi: “Non c’è motivo di farsi prendere dal panico: la situazione avrebbe potuto essere molto peggiore. I nuovi dazi non rappresentano un ostacolo insormontabile per l’export italiano di vino negli Stati Uniti, un mercato che continua a mostrare una domanda stabile e un’economia solida. Il cambio favorevole, inoltre, contribuisce a mitigare eventuali impatti negativi sui prezzi finali per il consumatore americano. È fondamentale evitare reazioni impulsive, come l’introduzione di contromisure tariffarie, che potrebbero alimentare tensioni commerciali e penalizzare ulteriormente il settore. La strada migliore è quella del dialogo e della negoziazione, lavorando affinché si trovi un equilibrio che tuteli entrambe le parti. Il mercato americano rimane centrale per il vino italiano e sono necessari un approccio strategico e una visione di lungo periodo per continuare a crescere e rafforzare la nostra presenza”.