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Scenari

Dazi negli Stati Uniti, Frescobaldi (Uiv): “L’80 per cento del vino italiano rischia un salto nel buio”

12 Marzo 2025
Export dei vini italiani verso gli Stati Uniti Export dei vini italiani verso gli Stati Uniti

Il danno per il vino italiano con l’ipotesi dazi al 25% potrebbe essere di circa 470 milioni di euro solo per gli effetti diretti della domanda statunitense, senza contare quelli indiretti sull’export globale che spostano il conto a quasi 1 miliardi di euro. Unione italiana vini (Uiv) ribadisce le preoccupazioni in un’analisi del suo Osservatorio sugli impatti delle nuove tariffe annunciate dall’amministrazione Trump per l’agricoltura europea e ritiene pericoloso l’assunto che i nostri vini – in quanto “italiani e di lusso” – non corrano rischi di ridimensionamento da parte della domanda a stelle e strisce.

Secondo Uiv, almeno l’80% del vino italiano rischia infatti un vero e proprio salto nel buio: è quello che costituisce l’ossatura delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti e che cuba ben 2,9 milioni di ettolitri (su un totale di 3,6 milioni). Quasi 350 milioni di bottiglie di vino tricolore che sono concentrate nelle fasce “popular”, equivalenti a un prezzo franco cantina di 4,18 euro/litro e che al dettaglio si trasformano in media – dopo trasporto, dazi, ricarichi alla distribuzione – in una fascia di prezzo che non supera i 13 dollari la bottiglia. Su un’altra dimensione viaggiano i vini luxury, che riguardano però una quota del 2% sul totale export a volume (8% del valore) e che possono tutto sommato essere meno soggetti a riduzioni di acquisto.

Per il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi: “Il vino italiano negli Stati Uniti, che vale circa 2 miliardi di euro con una quota del 24% sul totale mondo delle nostre spedizioni, è composto da prodotti fortemente identitari che unitamente a un vincente rapporto qualità-prezzo hanno contribuito al successo del made in Italy enologico. La spina dorsale – al netto dei vini bandiera – è questa e rappresenta primariamente un posizionamento di fascia media, con possibili fluttuazioni di prezzo dettate dai dazi che espongono l’offerta a possibili migrazioni della domanda. E’ molto importante poter agire con un “piano di contingenza” basato su 3 livelli: il primo, negoziale, volto a non inserire il vino nelle reciproche liste di prodotti soggetti a barriere commerciali; il secondo, comunitario, che metta a punto misure compensatorie e di promozione; il terzo è nazionale e dovrà inevitabilmente affrontare il tema del contenimento produttivo”.

Secondo l’Osservatorio Uiv, i dati ufficiali dicono che la media di prezzo export verso gli Stati Uniti è di 5,35 euro per litro per il vino italiano, solo il 30% dei “popular” è tutto sommato allineato (5,26 euro), mentre oltre la metà è ben sotto soglia (3,53 euro). Tariffe supplementari del 25%, non gestite in equità tra le controparti, finirebbero per sbalzare questi vini sulla fascia immediatamente superiore, la “premium”. In pratica il grosso delle produzioni tricolori: dal Pinot grigio al Prosecco, dal Chianti al Lambrusco, dal Moscato d’Asti ai vini siciliani, a quelli della stragrande maggioranza delle regioni italiane. Il segmento premium che oggi vale il 17% volume del totale export (con prezzo medio franco cantina di 8,80 euro/litro e price point al dettaglio variabile da 13 fino a 30 dollari la bottiglia), non sarebbe ovviamente in grado di assorbire travasi “epocali” di referenze provenienti dal basso.