ha collaborato all’articolo Giuseppe Susca Galigaris
A metà strada tra Bari e Taranto, equidistante tra l’Adriatico e lo Ionio, si trova Plantamura, cantina tra i soci fondatori nel 1987 del Consorzio Doc Gioia del Colle Primitivo, uno dei vitigni autoctoni più importanti del territorio pugliese. A dire il vero forse il Primitivo più famoso è quello di Manduria, una zona poco più a sud nel Salento, ma l’origine del vitigno sul finire del Settecento sembra proprio essere a Gioia del Colle. In ogni caso, la discussione è aperta.
Mariangela Plantamura, con il marito Vincenzo, guidano con passione la trasformazione della azienda di famiglia da semplice produttrice di uva e vino, poi venduto a terzi, a cantina con le proprie etichette, imbottigliate e commercializzate a partire dal 2002. Da sempre e senza esitazione Mariangela ha percorso la strada del rispetto dell’ambiente e della produzione di un vino sano con certificazione di agricoltura biologica, con un approccio in vigna, che prevede ad esempio l’esclusione di ogni trattamento con prodotti chimici, la pratica della vendemmia verde e una particolare potatura e gestione del sottovigna.
Parallelamente a tale filosofia Plantamura è indirizzata ad una ricerca costante della qualità con la cura del frutto, che può portare anche a scelte estreme come l’eliminazione della pratica dell’irrigazione di soccorso, permessa del biologico, ma da Mariangela bandita.
Certo, qui questo è possibile perché il terreno è vocato (il famoso terroir!) e possiede in profondità le risorse idriche necessarie per la pianta che quindi non subisce uno stress da disidratazione, ma è spinta ad andare a prendere il suo nutrimento sempre più giù dove la terra è più ricca e meno sfruttata. I vigneti poi sono in una zona collinare, esposta a venti sia da nord che da sud che permettono una ventilazione costante, utile per scongiurare l’umidità eccessiva sui grappoli e la proliferazione di funghi dannosi.
Mariangela a tal proposito e con una punta di orgoglio e insieme di rammarico ci annuncia di dover rinunciare, in nome di quella qualità a cui aspira, alle etichette più importanti per l’annata 2023 che purtroppo è stata davvero penalizzante in questo territorio.
Ed ora veniamo ai vini, tutti ottenuti da uve di primitivo, un vitigno in cui l’azienda crede fermamente. Lo stile aziendale è rivolto ad esaltare le caratteristiche che differenziano il vitigno qui a Gioia del Colle rispetto a Manduria. Meno potenza ed estrazione, meno morbidezza, ma più eleganza, dinamicità e freschezza. Ecco la ricetta Plantamura: un vino bevibile, tipicamente da pasto, ma nel contempo raffinato e complesso. In questa logica di impostazione si inserisce la rinuncia all’impiego in cantina delle botti di legno, utilizzate per la riserva fino all’annata 2018; quindi i vini, dopo una permanenza di almeno un anno in acciaio, vengono lasciati affinare direttamente in bottiglia prima di essere messi in commercio. L’azienda, a conduzione familiare con Mariangela, che si occupa della cantina, Vincenzo, che lavora in vigna, e le due figlie prossime ad entrare nella conduzione dell’azienda con le loro competenze specifiche, ha una produzione di 40.000 bottiglie l’anno.
Le etichette storiche sono tre, più una importante novità che Mariangela ci ha annunciato: un rosato che sposa in pieno tutte le caratteristiche stilistiche dell’azienda. Ecco le nostre impressioni:
Primitivo Gioia del Colle Doc, etichetta rossa 2022 – Rosso rubino con ancora riflessi violacei, naso pieno di frutti di bosco rossi con sullo sfondo una nota appena accennata di liquirizia. In bocca è croccante, di bella acidità con tannini ben presenti e di media struttura.
Costo medio in enoteca 15 euro.
Primitivo Gioia del Colle Doc, etichetta nera 2021 – Rubino vivace non troppo carico, gli aromi appaiono appena più evoluti, speziati e con accenni di erbe aromatiche. All’assaggio si dimostra consistente nel corpo e perfettamente equilibrato nelle componenti con un finale lungo e piacevolmente rinfrescante.
Costo medio in enoteca 18 euro.
Primitivo riserva Gioia del Colle Doc, etichetta bianca 2020 – Il colore rivela un rosso dall’unghia appena granata, i profumi sono complessi, ma non esuberanti, frutti secchi tropicali con chiodi di garofano e tabacco. Ma è il sorso a conquistare con una piacevolezza di beva esemplare: i tannini, al giusto grado di evoluzione, sono fini e perfettamente bilanciati alla acidità che lascia una bocca tesa e vivace.
Costo medio in enoteca 25 euro.
Tre rossi che si accompagnano perfettamente a piatti tipici del territorio come le orecchiette al sugo e cacioricotta o un secondo di carne, mediamente succulento ma cotto alla griglia, come le bombette della Valle d’Itria o la zampina di Sammichele.
Primitivo Rosato Igt, 2024 – Il colore, rosa tenue, affascina per la sua tonalità completamente scarica. I profumi veramente importanti, pur nella loro delicatezza, esprimono fiori rossi e fragoline di bosco appena colte. Il palato è perfettamente coerente con le prime sensazioni, mettendo in evidenza un gustosissimo combinato di freschezza e sapidità. Un vino da aperitivo ideale, da accompagnare ad esempio con latticini, mozzarelle in primis e stracciatella.
Costo medio in enoteca 15 euro.