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L'intervista

Xylella, in Puglia il problema non è stato risolto. Save the Olives: “Abbassare la guardia può essere pericoloso”

19 Febbraio 2025
Giornata di sensibilizzazione Giornata di sensibilizzazione

La Xylella fastidiosa ha trasformato gli uliveti pugliesi da paesaggi rigogliosi a scenari desolati. Un fuoco invisibile, come lo ha definito Daniele Rielli nel suo omonimo romanzo edito da Rizzoli e finalista del Premio Strega 2024, che ha colpito almeno 21 milioni di piante, generando una perdita senza precedenti per il Mediterraneo. Nonostante l’epidemia continui ad avanzare, seppur a un ritmo più lento rispetto al 2013, c’è chi non si arrende: agricoltori, produttori e scienziati proseguono nella loro lotta per contenere il batterio. Tra gli esponenti di spicco nella lotta alla Xylella c’è anche Save The Olives, organizzazione che lavora per salvaguardare il patrimonio olivicolo pugliese adottando soluzioni concrete e impegnandosi in ricerca e prevenzione. A raccontare a Cronache di Gusto di questo progetto è il suo presidente Francesco Winspeare con il quale abbiamo parlato dei possibili scenari futuri e delle sfide ancora aperte.

Come e quando nasce Save The Olives?
“Tutto è iniziato da una chiacchierata con il mio amico Pietro Petroni, produttore ad Andria. Mi disse: “Non capisco perché nessuno si preoccupa della Xylella e perché nessuno fa nulla”. Quella conversazione ha acceso la scintilla e ci ha spinto ad agire. Era il 2017″.

Perché inizialmente il problema è stato sottovalutato?
“Era una questione culturale. Per anni, l’olio d’oliva è stato una risorsa fondamentale, ma l’eccessivo affidamento ai contributi europei ha frenato l’innovazione. Molti piccoli produttori non investivano nei loro uliveti e quando la Xylella è arrivata, ci siamo trovati impreparati. Questo è successo perché non c’era stata innovazione nelle pratiche agronomiche: gli uliveti non venivano curati, molte piante non erano in salute, e quindi il batterio ha attecchito più rapidamente. Inoltre, all’inizio, la gente non credeva che un batterio potesse distruggere alberi millenari; circolavano anche teorie complottiste che attribuivano la malattia a macchinazioni delle multinazionali. Tutto questo di certo non ha aiutato”.

Come avete affrontato i primi anni di attività con Save The Olives?
“All’inizio ci siamo scontrati con una forte resistenza culturale. Proporre l’innesto di varietà più resistenti su alberi sani era visto con sospetto. Alcuni hanno provato trattamenti naturali, ma con scarsi risultati. L’unica soluzione efficace rimaneva l’abbattimento degli alberi infetti, una misura dolorosa e impopolare”.

Quali misure sono state adottate a livello istituzionale?
“L’Unione Europea ha identificato una “cintura sanitaria” di 10 chilometri, da Ionio ad Adriatico, prevedendo l’abbattimento degli ulivi infetti per creare una barriera. Tuttavia, molti proprietari hanno fatto ricorso al Tar del Lazio, rallentando l’applicazione del piano. Anche il commissario straordinario Giuseppe Silletti propose nel 2015 un piano simile, ma incontrò resistenze legali e proteste, ostacolando il contenimento della malattia”.

Oggi la Xylella sembra meno aggressiva. È davvero così?
“Non è meno aggressiva, ma gli agricoltori sono diventati più esperti e proattivi. Trattano gli alberi per rallentare la malattia e fanno prevenzione. Il problema, però, persiste, e l’abbassamento della guardia, dovuto a un calo dell’attenzione mediatica, può essere pericoloso”.

Quali sono le soluzioni concrete su cui lavorate con Save The Olives?
“Puntiamo su sensibilizzazione, ricerca e sperimentazione. Abbiamo acquistato una serra protetta per studiare varietà resistenti, come la Favolosa e il Leccio del Corno. Queste piante non sono immuni, ma hanno vasi linfatici più ampi che impediscono al batterio di bloccare il flusso della linfa. Stiamo anche testando l’innesto precoce, che consiste nel combinare varietà resistenti con piante sane per proteggerle prima che vengano contagiate”.

Si tratta di risposte risolutive che possono aiutare a superare il problema?
“No, sono compromessi. La Favolosa, ad esempio, ha un ciclo di vita di circa 25 anni. È una buona soluzione a medio termine, ma non definitiva”.

Avete avuto dei confronti con chi ha vissuto lo stesso problema, o problemi simili, fuori dall’Italia?
“Sì, abbiamo avuto dei confronti con altre realtà internazionali. Per esempio, in Spagna, sia a Maiorca che ad Alicante, hanno creato cinture di 10-20 chilometri fermando la diffusione. Sono stati molto più interventisti di noi”.

Tra i sostenitori di Save The Olives c’è anche l’attrice Helen Mirren. Come è nata questa collaborazione?
“Helen ha una proprietà in Puglia e ha capito subito la gravità del problema. Ha parlato con agronomi e scienziati, si è appassionata e ha deciso di supportarci. Il suo coinvolgimento ha aumentato la visibilità dell’associazione e ha anche aiutato la raccolta fondi”.

Cosa state facendo per proteggere le zone ancora non colpite dalla Xylella?
“Uno degli obiettivi principali è lavorare sugli innesti nella zona di Monopoli, dove la Xylella è ancora poco diffusa. La prevenzione, però, è fondamentale, perché una volta che una pianta è infetta, l’innesto non è più efficace”.

Cosa si può fare per preservare sia il paesaggio sia l’economia legata all’olio d’oliva?
“A mio avviso, bisogna trovare un equilibrio tra approccio tradizionale e intensivo. Può essere l’unico modo per produrre buone quantità e ripristinare il paesaggio”.

Ad oggi, prevenzione e ricerca restano le uniche armi?
“Certamente sì. Proprio tra febbraio e marzo abbiamo organizzato dei nuovi corsi per innestatori. Un modo per lavorare a fianco di chi sta sul campo e favorire la partecipazione proattiva per la salvaguardia del nostro patrimonio naturale. È fondamentale mantenere alta l’attenzione, investire nella ricerca e sensibilizzare l’opinione pubblica. La situazione è ancora grave, ma con impegno e collaborazione possiamo fare la differenza.”

QUI IL VIDEO DI HELEN MIRREN >