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Birra della settimana

Mascherpa e birre, una festa… campestre: così un latticino del Nord va d’accordo con le “pinte”

09 Febbraio 2025
Mascherpa Mascherpa

Mascherpa o mascarpa: un nome che, sì, fa echeggiare in mente quello del Mascarpone; ma che con quest’ultimo non ha niente da spartire, se non, appunto, l’assonanza. Già, perché la specialità gastronomica di cui ci occupiamo oggi (tipica di Lombardia e Piemonte, tanto da figurare nei rispettivi elenchi regionali dei PAT-Prodotti agroalimentari tradizionali), pur essendo essa stessa un latticino, è imparentata, piuttosto, con la famiglia delle ricotte. Rispetto alle quali, peraltro, si distingue per la peculiarità della materia prima: non solo siero di latte (vaccino e caprino), ma anche latte in sé (degli stessi capi), aggiunto in una proporzione massima che va dal 5 al 10%.

UNA STORIA DI MONTAGNA
Attestata, come appena accennato, anche lungo le strade del Piemonte (in particolare in Valsesia, nel Vercellese, e nelle valli nordorientali della regione, un po’ tutte), la mascherpa affonda poi radici particolarmente profonde in Lombardia. Qui, le aree che tengono viva la sua tradizione abbracciano sia la provincia di Bergamo sia quella di Lecco sia quella di Sondrio; e in quest’ultima (con la sua articolazione principale tra Valtellina e Val Chiavenna), il ruolo di spicco spetta alla Val Gerola (non distante dal vertice nord del Lago di Como). Sotto il profilo della lavorazione, la mascherpa si ottiene a partire dal siero residuo della preparazione di formaggi di pregio quali Storico Ribelle, Bitto e (in alcuni casi), Formai de Mut. Nello specifico la procedura si svolge come segue. Dopo la coagulazione della massa caseosa, la sua cottura e la sua estrazione dalla caldaia, il siero viene riscaldato dai 65 fino agli 80 °C e integrato con latte crudo intero; quindi, appena affiorati i primi fiocchi di ricotta, gli si aggiunge la cosiddetta agra: ovvero una soluzione acida (atta a incentivare i processi di addensamento proteico) a sua volta ricavata dal siero di produzioni precedenti, conservata in caratelli e arricchita con essenze botaniche autoctone, quali acetosa, genziana e ginepro. Al termine di una breve sosta ancora in caldaia, ecco il trasferimento negli stampi troncoconici in legno, i carocc, quindi la formatura (che necessita di 3 o 4 giorni) e la successiva maturazione: la mascherpa infatti può essere consumata già fresca o, invece, dopo un periodo di mediamente quattro settimane.

LA FRESCA: CAMPIONESSA DI VERSATILITÀ
Se assaggiata fa giovane, la mascherpa, rivela un luminoso color panna, omogeneamente distribuito nella totalità della propria massa, priva di crosta; una consistenza tenera e fondente; una densità sensoriale medio-leggera; una componente lipidica non eccessiva, per un prodotto della sua filiera, ma neanche trascurabile in assoluto (attorno al 15%); una tendenza olfattiva intonata alle note del latte fresco, del burro fuso e delle erbe aromatiche incluse nella lavorazione; un orientamento gustativo di tipo morbido, contrassegnato da una piattaforma dolce e (appunto) grassa, sostanzialmente priva di sapidità, così come di percezioni acide (quasi del tutto annichilite dall’appena citata dotazione in lipidi) e del tutto esente da incursioni nei territori del piccante e dell’amaro. Prerogative che, in abbinamento, ne fanno l’equivalente di una calciatrice totale, da scuola olandese: adatta ad accompagnarsi anche con birre di tipologie statisticamente problematiche: a patto, ovviamente, che se ne rispetti, la statura organolettica, come detto alquanto delicata. Un’equazione rispetto alla quale abbiamo provato a dare tre soluzioni…

CON LA BITTER
La prima opzione vede come protagonista una Best Bitter da 4%: per l’esattezza la Queen firmata, a Monterotondo (Roma), dal marchio artigianale Zero.5. Introdotta da un colore ambrato intenso, con un piede già nel ramato, da un aspetto leggermente velato e da una discreta schiuma beige, manifesta un temperamento la cui entità generale risulta complessivamente proporzionata, rispetto a quella del boccone. Inoltre, l’amaro della sorsata, peraltro già sorvegliato in sé, non trova, nel piatto, l’inciampo di alcuna interferenza di tipo sapido o acido: anzi, incontra un accogliente e attenuante atterraggio sul terreno dolce e grasso del latticino. Infine, le relazioni olfattive: con il latteo della mascherpa che sfuma nella nocciola, nel miele e nel biscotto della birra, a generare un effetto-cheesecake tanto immediato quanto piacevole.

CON LA ITALIAN PILS
Abbinamento, il secondo, decisamente territoriale: in tavola plana infatti la Testa di malto, una Italian Pils da 5 gradi, prodotta dal Birrificio Legnone di Dubino, a poche decine di minuti dalla Val Gerola. Una bevuta senza dubbio autorevole: colore paglierino lievemente velato e schiuma bianca, rivela una condotta palatale improntata a incisivi esiti amaricanti: non tali, comunque, da prevaricare sul boccone; né da generare attriti di sorta, in abbinamento, per le stesse ragioni positivamente registrate in merito alla prova precedente. Cambiano, chiaramente, le interazioni olfattive; con l’erbaceo della sorsata che, incrociando gli argomenti lattei della mascherpa, determinano un combinativo mentale tale a rimandare a binomi ben consolidati quali ricotta e spinaci, ricotta e bietole, ricotta ed erbe aromatiche, con tutto il microcosmo di preparazioni che gravita loro attorno: torte salate, ravioli, gnocchi, gnudi e via dicendo…

CON LA SESSION IPA
Un poco più audace in teoria, ma ugualmente plausibile all’atto pratico, si rivela infine il terzo e ultimo test. Che chiama in scena una Session Ipa: nello specifico la Pieralongia firmata Monpiër de Gherdëina (a Ortisei, in provincia di Bolzano), registrata su un valore alcolico di 4,3 gradi. Luminosa nel suo colore paglierino (leggermente velato e coronato di fitta schiuma bianca), la birra sguaina la lama di un amaro probabilmente più veemente, in confronto alle due precedenti, ma nondimeno destinato allo stesso destino: quello di affondare nelle dolcezze lipidiche della mascherpa, venendone ammansito, addomesticato. Mentre sul piano degli intrecci olfattivi, torna a funzionare lo schema constatato con la Bitter; ovvero un avvitamento tra il latteo del boccone e le direttrici della sorsata – qui agrumi (pompelmo) e frutta estiva (pesca, uva spina, cocco) – che evoca l’impressione di un cheesecake: la cu ideale guarnitura è, nella fattispecie, stabilita appunto dal ricco campionario aromatico in dote alla bevuta

BIRRIFICIO ZERO.5
Via Thomas Edison, 8 – Monterotondo (Roma)
T. 333 9221103; 339-4589091 (tap-room Casa Ruggeri)
mr.whoholding@gmail.com
Facebook: Zero.5 Brewing
Instagram: Zero.5_brewing

BIRRIFICIO LEGNONE
Via Milano, 24 – Dubino (Sondrio)
T. 0342-681456; 333-8503252
info@birrificiolegnone.it
www.birrificiolegnone.it

BIRRIFICIO MONPIËR DE GHERDËINA
Via Johann Baptist Purger, 181
località St. Ulrich, Ortisei (Bolzano)
T. 342 6741322
info@monpier-gherdeina.it
www.monpier-gherdeina.it