Come cambierà il mondo del vino nei prossimi anni? Quali sono le sfide che dovranno affrontare le aziende vinicole? La risposta non è semplice, eppure da affrontarsi senza indecisioni. Il perché è presto detto: da un lato si assiste all’imprevedibilità dei cambiamenti climatici, a volte improvvisi e distruttivi, con il costante superamento – anno dopo anno – dei record di massime delle temperature, cosa che comporta un aumento degli zuccheri dell’uva, dunque dell’alcol prodotto nel processo di vinificazione; dall’altro, l’inesorabile presa di coscienza che, forse, è lo stesso alcol ad essere meno gradito, tanto dai consumatori quanto dalle istituzioni, nonostante il millenario affiatamento alimentare. Poco concreto considerare il vino come un segmento dell’economia nazionale trasversale in tutti i settori (agricolo, alimentare, turistico e dell’ospitalità, commerciale, etc.), i segnali non sono equivocabili.
Così, già da qualche anno, appare all’orizzonte un mutamento nelle abitudini che, ragionevolmente, sarebbe meglio cavalcare e non subire.
Dunque, come garantire responsabilmente un futuro possibile, salvaguardando la produzione siciliana, forse incerta, ma eccellente per qualità?
La questione è stata affrontata a livello istituzionale, mettendo allo stesso tavolo il mondo della produzione e della ricerca. Il Dipartimento all’Agricoltura dell’assessorato siciliano dell’Agricoltura, assieme all’associazione di viticoltori Assovini Sicilia e all’Università di Milano, hanno affrontato il tema con un progetto denominato Innonda dedicato al vitigno Nero d’Avola, il vitigno a bacca rossa senza ombra di dubbio più importante e diffuso dell’isola, con – si consideri per la sola Doc Sicilia – oltre 15.000 di ettari vitati. Partner del progetto, i laboratori ISVEA, e le aziende vitivinicole Dimore di Giurfo, Feudi del Pisciotto, Tenute Lombardo e Tenuta Rapitalà.
L’impegno economico del progetto Innonda, è garantito e finanziato al 100% dalla sottomisura 16.1, che prevede una dotazione economica intorno ai 350.000 euro.
Tre gli ambiziosi obiettivi: diversificare la produzione enologica del Nero d’Avola mettendo in luce le caratteristiche di questa varietà, valutare la variabilità del vitigno Nero d’Avola all’interno del territorio siciliano e, non in ultimo, ridurre il contenuto di alcol mantenendo le qualità sensoriali e organolettiche dei vini, in cambiamento nel corso degli anni. Tra le ricerche più interessanti, l’utilizzo di lieviti non-Saccharomyces – come la Torulaspora delbrueckii, la Lachancea thermotolerans e la Metschnikowia pulcherrima – al fine di ridurre il contenuto alcolico (alcuni lieviti consumano, infatti, gli zuccheri della frutta senza produrre etanolo); la macerazione e l’affinamento mediante l’impiego di anfore di terracotta al fine di esaltare le caratteristiche del vitigno, con diversi tempi di macerazione e anfore di diversa porosità; il monitoraggio di fermentazioni spontanee, al fine di definire il microbioma dei mosti ottenuti da uve provenienti da territori diversi e di diversa età; e l’uso di varie tecniche produttive per la riduzione di etanolo mediante osmosi inversa o evaporazione sottovuoto seguiti da adeguati blending.
Il progetto, iniziato nella primavera del 2024, si concluderà a giugno del 2025.
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