Dopo aver affrontato, nell’edizione 2024, il tema della salute del suolo, grazie al quale ogni vino è in grado di esprimersi al meglio, Slow Wine Fair torna dal 23 al 25 febbraio a BolognaFiere, per innescare un dibattito sul tema della sostenibilità lungo tutta la filiera del vino. La quarta edizione, realizzata per la prima volta in concomitanza con Sana Food, riunisce per tre giorni, vignaioli e vigneron, appassionati e operatori del settore – buyer, ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi, sommelier – per parlare di vino buono, pulito e giusto, e per portare ad esempio innovazioni che produttori, consorzi e professionisti stanno sviluppando per far evolvere il proprio approccio alla produzione vinicola, sperimentando diverse modalità di imbottigliamento, confezionamento, trasporto e stoccaggio, e riducendo così il proprio impatto ambientale.
Cosa conta, quando si produce un vino? Quali fattori contribuiscono a definirne la sostenibilità? In attesa di scoprire il programma completo dell’evento, ecco alcune delle tematiche da approfondire nelle masterclass e nelle conferenze tra i padiglioni di BolognaFiere. Gli imballaggi sono una parte importante nella catena di produzione e distribuzione, che spesso noi cittadini prendiamo in considerazione solo quando rendono un prodotto facilmente riconoscibile. Per fortuna la tendenza sta cambiando, associando sempre di più il concetto di sostenibilità al packaging, perché la produzione e lo smaltimento delle confezioni hanno un impatto notevole sull’ambiente e sulle emissioni di CO2. Impatto che aumenta quando gli acquisti vengono fatti online, per il cosiddetto overpacking, ovvero imballare eccessivamente prodotti con strati multipli di plastica, cartone e altri materiali, comportando un aumento del peso totale del collo, rendendo più oneroso il trasporto e generando emissioni aggiuntive. Lungo l’intera catena di approvvigionamento e distribuzione dei prodotti acquistati, stando agli ultimi dati Eurostat del 2021, l’Unione europea ha generato 188,7 chili di rifiuti di imballaggi per abitante, 10,8 chili in più per persona rispetto al 2020, l’aumento maggiore in 10 anni, e quasi 32 chili in più rispetto al 2011. Mentre in un recente studio presentato a BolognaFiere da Nomisma il 54% degli italiani ha acquistato una marca diversa dal solito perché aveva un imballaggio più sostenibile, e il 40% degli italiani prevede di incrementare gli acquisti di prodotti alimentari e bevande dotati di packaging sostenibile nei prossimi 12 mesi.
La sostenibilità del vino, dai filari al magazzino
In tutto questo come si colloca il vino? Sicuramente il contenitore è l’imballaggio più significativo, ma non sono da trascurare gli altri oggetti che vestono il vino come i tappi, le capsule e l’etichetta. Come si può intervenire per diminuire l’impatto ambientale del packaging del vino? Questa è una domanda alla quale vuole rispondere Slow Wine Fair, manifestazione che cerca di coniugare qualità, tutela ambientale e giustizia sociale. Dopo aver analizzato, nella precedente edizione, l’importanza del suolo e la sua vitalità, nel 2025 vuole porre l’attenzione, aggiungendo un altro importante tassello, su tutto quanto riguarda il confezionamento del vino, passando, per così dire, dai filari (senza dimenticarli) al magazzino.
Il vetro e il suo impatto su economie e ambiente
La bottiglia di vetro è senza dubbio il contenitore per eccellenza del vino, perché, storicamente, era il materiale che riusciva a mantenerne nel tempo intatte le caratteristiche, olfattive e di colore. Negli anni le bottiglie hanno avuto sempre più centralità, al punto da diventare un elemento essenziale per il vino. Ne sono nati di diversi tipi per forma, dimensione e stile, ognuna con la propria storia e, presunta o vera, ragione d’essere. Crisi del vetro (carenza della materia prima e quindi crescita dei costi) e crisi ambientale hanno spinto molte aziende a chiedersi se esistono alternative. Sì, anche crisi ambientale. Infatti in un recente articolo apparso su Wine Searcher si afferma che «il maggior contributo all’impronta ecologica di un vino non deriva dalle tecniche di coltivazione o dalle pratiche in cantina, ma dall’energia usata per produrre e trasportare le bottiglie di vetro, dalla vetreria al consumatore finale». Non ci sono stime precise, la forbice è abbastanza ampia, si va dal 29% (che comunque è una cifra importante) al 70% dell’impronta del vino causata dalle bottiglie. Per questo oggi la scelta della bottiglia deve essere ponderata valutando diversi fattori e non solo il marketing.
Quali alternative sono possibili? Rimanendo nel campo delle bottiglie di vetro, al momento ci sono due soluzioni: spessore inferiore e riciclo. Sicuramente il riciclo è un punto fermo, nel 2023 grazie all’utilizzo di rottame, derivato da oltre 2 milioni di tonnellate di vetro recuperato, al posto delle materie prime minerali, si è evitata l’emissione di 2.406.989 tonnellate di CO₂ (fonte CoReVe). A questa si può affiancare l’utilizzo di bottiglie di peso inferiore (fermo restando le esigenze per alcuni vini, come gli spumanti). Grazie alla crescita della tecnologia a disposizione, oggi si possono fabbricare bottiglie della stessa resistenza con spessori decisamente minori di un tempo. Il peso di una bottiglia di vino può andare – bollicine escluse – dai 360 gr agli 1,2 chilogrammi. Un minor peso della bottiglia oltre a generare minore Co₂ nella fase della produzione faciliterebbe anche il trasporto: meno peso meno energia per gli spostamenti.
Rimanendo alla bottiglia, c’è poi la strada del riuso. Una soluzione virtuosa per l’ambiente perché si consuma meno energia che riprodurle a partire dal vetro riciclato, perché, non si produce rifiuto e non si fa ricorso alla materia prima vergine. Secondo uno studio di Ademe (Agenzia per la gestione dell’ambiente e dei rifiuti francese), la raccolta, il lavaggio e il riutilizzo dei contenitori in vetro richiede un quarto dell’energia e la metà dell’acqua in meno rispetto al riciclo. Inoltre, una bottiglia di vetro di buona qualità è utilizzabile almeno 25 volte (riducendo ulteriormente l’impronta di Co₂ del 40-50%). Un tempo il vuoto a rendere era molto diffuso, poi con l’avvento della plastica si è dismesso questo sistema, perdendo una grande opportunità.
Allora dove stanno le difficoltà? Da un punto di vista logistico, il problema più grosso è che molto spesso il vino viene consumato in luoghi assai lontani da quelli in cui viene imbottigliato. Se esistessero impianti di lavaggio, in modo che la bottiglia percorresse meno di 400 km (limite oltre il quale l’impronta carbonica del trasporto pesa più di quella del vetro) sarebbe un importante passo avanti. Un altro modo per ridurre la percorrenza del vuoto potrebbe essere quello di cercare di uniformare la tipologia di bottiglie. In Spagna, ad esempio, con il progetto Rebo2Vino si sta ideando un modello standard di bottiglia riutilizzabile.