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Fongaro e la Durella, un amore nato negli anni ’70: a Tg nei calici sfila un grande spumante italiano

02 Dicembre 2024
ph Vincenzo Ganci, Migi Press ph Vincenzo Ganci, Migi Press

Quali sono le coordinate per rintracciare la tradizione spumantistica italiana? Se la domanda è scontata, la risposta non è immediata. Tra la ricerca smodata di trasformare in bollicine qualsiasi vitigno del nostro Bel Paese e la strana tendenza di vendemmiare uve non mature pur di portare in cantina quell’acidità necessaria per spumantizzarli, il risultato ultimo, a volte, è solo un calice di catinelle che potrebbero vivere in ogni dove, in un senza spazio e senza tempo alla ricerca di un territorio perduto. Non è però il caso di Fongaro, che a metà strada tra Verona e Vicenza, nella Val d’Alpone, ha tracciato sin da subito l’asse delle sue ascisse, con un unico vitigno da valorizzare la Durella, e delle sue coordinate, con un unico metodo di vinificazione, quello classico. Nata sul finire degli anni ’70 del 900, Guerino Fongaro, patron dell’azienda, decise di fare esattamente il contrario di quello che veniva richiesto in quel momento con il vicino consorzio del Soave.

Si promuoveva, infatti, l’espianto della Durella in favore della Garganega e ne sarebbero nati anche incentivi economici per chi avesse accolto il messaggio, ma la capacità di vedere le cose, anche quelle che non ci sono, portò Guerino a fare esattamente il contrario, e oggi l’azienda possiede dieci ettari quasi tutti interamente vitati con la Durella. Una scelta che sembrava poco vincente all’epoca, con quell’uva autoctona considerata rustica, a tratti selvatica, al punto tale che il vino che si otteneva era definito un “vino duro per gente dura”, ma quella stessa uva, così acida e resistente, oggi, a fronte del cambiamento climatico, rappresenta, invece, il modello ideale per una base spumantistica. E il patrimonio di quell’idea combattuta e di quel progetto in assoluta controtendenza, viene oggi raccolto e custodito dalle due famiglie Danese e Molinarolo che continuano il lavoro iniziato da Guerino.

Così a Taormina Gourmet on tour, è Tanita, figlia di Maurizio Danese, che in una degustazione tenuta dai giornalisti Federico Latteri e Titti Casiello, ricorda poi come sul finire degli anni ’80 l’azienda ha intrapreso anche un’opera di conversione in biologico di tutti i vigneti e della sua attenzione a produrre con maggiore qualità piuttosto che quantità. Il disciplinare del Lessini Durello prevede, infatti, una resa massima di 160 quintali per ettaro, ma l’azienda da sempre ha deciso di assestarsi su una produzione che non supera mai i 100 quintali per ettaro. Le modalità di vinificazione sono poi molto semplici e dopo una prima pigiodiraspatura segue una fermentazione in vasche di acciaio o cemento per proseguire poi, per la seconda fermentazione, con una presa di spuma con lieviti selezionati.

La degustazione

Cuvée Extra Brut 2021
Un biglietto da visita per comprendere il “mondo” Fongaro. È così che Tanita definisce l’unica cuvée aziendale fatta di un 70% di Durella e un 30% tra Incrocio Manzoni e Chardonnay. Trenta mesi sui lieviti che esprimono un naso schietto e incentrato sul frutto e sulla linearità olfattiva in un sorso dove la dinamicità della Durella è contemperato dalla morbidezza dello Chardonnay.

Viola Brut Monti Lessini Riserva Doc 2018
Dall’entrata in azienda di Tanita si è deciso di differenziare le tre diverse etichette di Brut prodotte da Fongaro attraverso dei colori. E “Viola” è il frutto delle vigne più giovani, sosta sui lieviti per circa 40 mesi ed “è’ il colore della fede” dice Tanita mentre un olfatto tutto incentrato sul frutto giallo sa regalare una beva pacata ed equilibrata.

Verde Pas Dosé Monti Lessini Riserva Doc 2018
Dagli stessi vigneti e con una sosta sui lieviti equipollente all’etichetta viola nasce, poi, l’etichetta Verde. Qui l’assenza del dosaggio a seguito della sboccatura regala un calice diametralmente opposto, tutto incentrato sulla schiettezza olfattiva, dove è la clorofilla uno dei descrittori principali, mentre un sorso di sferzante acidità si assesta su un finale lungo e sapido.

Nera Brut Monti Lessini Riserva Doc 2015
Vigne di 80 anni situate a circa 500 metri s.l.m., e dopo 84 mesi sui lieviti (per appena 3500 bottiglie) ne viene fuori un calice di assoluta fattezza qualitativa. Magistrale è, infatti, quell’olfatto non urlante, profondo e tutto incentrato sulla verticalità che lascia spazio a un palato funambolesco dove sapidità e acidità viaggiano all’unisono in una chiosa di assoluta piacevolezza gustativa. Standing ovation

Nera Pas Dosé Monti Lessini Riserva Doc 2016
Nella versione non dosata, quelle stesse vecchie viti e dopo pari mesi di sosta sui lieviti, regalano anche l’etichetta Nera dove il calice affonda, invece, in rimandi agrumati e di brio olfattivo, mentre il palato si fa carezzevole in un sorso cremoso e sapido sul finale.

Nera Brut Degorgement Tardif 2012
A Taormina Gourmet on tour un en primeur. Nera Brut Degorgement Tardif 2012 è, infatti, la nuova etichetta aziendale che è stata presentata per la prima volta sul mercato appena due giorni fa. E dopo 132 mesi di affinamento sui lieviti e una sboccatura ad agosto 2024 sono note di liquirizia, di carrube, di tabacco e poi di frutta gialla a presentare un calice di spessore, ma non di opulenza, in uno sviluppo gustativo che porta con sé erbe aromatiche e ritorni fruttati su una bocca che nel suo finale si fa piena e gustosa.